Mondo

Il crollo delle adozioni

Meno 60% in sette anni

di Redazione

Nel 2004, gli americani hanno adottato 22.991 minori da altri paesi. Nel 2011 i minori adottati sono stati solamente 9.319, secondo i dati del Dipartimento di Stato. Il crollo è del 60%. Il Christian Post lo scorso 18 febbraio ha dedicato un lungo servizio al tema, parlando con alcuni esperti di adozione internazionale per capire il perché di questo declino (Christian Post, Napp Nazworth, 18 febbraio 2012).

«È il crollo enorme di un servizio veramente valido per i bambini. E non è successo a caso», dice Tom DiFilipo, presidente e CEO di Consiglio congiunto del Servizio internazionale per l’infanzia. Per il Christian Post tutto ruota attorno alla domanda “qual è priorità: dare a un bambino una famiglia amorevole o la razza di un bambino e la sua etnia? Jedd Medefind, presidente della Christian Alliance for Orphans sostiene che «per coloro che ripongono la massima priorità a mantenere un bambino nel suo paese d’origine, l’adozione internazionale è una priorità bassa». La tendenza attuale è incline a concedere priorità ai principi di etnia e razza. «Quasi tutti sono teoricamente a supporto dell’adozione internazionale – sottolinea Medefind – ma alcuni la collocano semplicemente come un’ultima risorsa che però effettivamente non dovrebbe accadere». È sempre Medefind a sottolineare come gli stessi programmi di aiuto dell’Onu e dell’Unicef tendano a dare priorità al principio etnico piuttosto che alla famiglia.

Un altro elemento è che il Dipartimento di Stato americano sembra avere messo in atto una svolta, sostenendo che tutte le adozioni internazionali dovrebbero essere fatto attraverso la Convenzione dell’Aja, anche se il Christian Post cita una fonte in US Citizenship and Immigration Services (USCIS) che ha confermato che le adozioni fraudolente sono molto rare. Uno dei problemi con la Convenzione dell’Aja è che molti paesi in via di sviluppo non hanno le risorse per attuarlo, si dice. “Quello che stiamo vedendo è una posizione chiara da parte del governo degli Stati Uniti”, ha detto DiFilipo. “Ma se un paese in via di sviluppo è incoraggiato a firmare la Convenzione dell’Aia, dovrebbe esserci risorse per aiutare quella nazione ad attuare la convenzione in modo che non vi sia un calo improvviso nelle adozioni. Non solo incoraggiamento se firma e non solo critiche se non firma. Ci deve essere collaborazione e l’assistenza finanziaria».

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