Non profit
Dalla filantropia tradizionale ai nuovi progetti condivisi Una storia lunga 20 anni che entra nel futuro. Ecco la strada che seguirà
di Redazione

È una lunghissima tradizione quella che spiega una realtà come Fondazione Cariplo. Una tradizione fatta di appartenenza a un comune destino umano, di pragmatismo lombardo, di coscienza che un bene comune è tale se è condiviso, se permette un benessere diffuso.
Una lunga storia
Le radici del resto sono forti e vanno molto in profondità: risalgono al 1823, anno di fondazione della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde di cui la Fondazione Cariplo, istituita ufficialmente nel 1991 (su impulso della riforma del sistema creditizio italiano voluto dalla legge Amato – Ciampi) ha ereditato l’impegno a favore delle comunità lombarde e del sostegno alla crescita sociale e culturale.
Una missione ? proseguire l’attività filantropica della banca ? alla quale la Fondazione (che con il suo patrimonio di oltre 6 miliardi di euro è ai primi posti nella graduatoria mondiale) è rimasta fedele. Nei suoi vent’anni di vita, ha erogato oltre 2 miliardi di euro, sostenendo più di 24mila progetti realizzati dagli enti non profit in diversi ambiti, aggiornando però con il tempo strumenti, metodi e modalità di ascolto dei territori.
La moderna filantropia
Così, per esempio, se la Commissione Centrale di Beneficenza (organo di indirizzo della Fondazione) continua a esercitare il suo ruolo fondamentale di guida, annoverando tra i suoi componenti persone con elevate competenze, è la struttura organizzativa a essere stata profondamente innovata, puntando ad intercettare bisogni emergenti e dinamiche future, anche grazie alla presenza di un Osservatorio privilegiato, coordinato dal professor Giampaolo Barbetta, che realizza ricerche e che ha sviluppato un’importante attività di valutazione ex post, una sorta di verifica costante dell’efficacia degli interventi realizzati. Con quattro aree di attività specializzate: ambiente, arte e cultura, ricerca scientifica, servizi alla persona, frutto di un lungo percorso che parta da una strategia di intervento. Ciascun settore ha le sue specificità. Prendete la ricerca scientifica (solo nell’ultimo triennio ha messo a disposizione 120 milioni fra bandi e progetti).
Programmazione pluriennale
«Per anticipare i bisogni, occorre una programmazione pluriennale», premette il responsabile dell’area, Carlo Mango, «e una attenta selezione dei progetti, che raggiungiamo grazie a un sistema di peer review che coinvolge 360 valutatori anche internazionali».
Confronto fra pari, convergenza di opinioni, giudizi condivisi e trasparenti («aiutano anche la crescita di chi propone un suo progetto»): elementi che hanno dato vita a un metodo apprezzato anche all’estero, grazie al quale è possibile portare avanti importanti iniziative (come il progetto Ager, Ricerca agroalimentare per la qualità e la sicurezza dei cibi in Italia, e come il partenariato FIRST con la fondazione francese Agropolis, per la ricerca sulle qualità del riso); ma sono diversi gli ambiti di intervento dettati dalla strategia (i Piani d’azione) orientati al sostegno al capitale umano d’eccellenza, alla ricerca di base, in particolare la biomedicina, alla ricerca applicata e quella d’avanguardia che mira al benessere delle persone. «In ordine cronologico questo è l’ultimo Piano d’azione su cui stiamo operando. Intendiamo studiare il benessere a prescindere dalla presenza di malattie, tenendo conto di fattori come l’invecchiamento nei contesti urbani, i nuovi consumi, le tecnologie». Come dire: guardare la qualità della vita da un altro punto di vista.
Alta specializzazione
C’è un elemento che segna un ulteriore distacco dal passato della Fondazione: «Ormai non vi lavorano più persone provenienti dal mondo bancario, ma colleghi con specifiche competenze sulle tematiche di cui ci occupiamo», spiega Davide Invernizzi, che guida i Servizi alla persona. Invernizzi ha alle spalle importanti esperienze con la Caritas. E grazie a quel bagaglio ha contribuito a sviluppare un settore che, all’interno di una programmazione pluriennale, opera per lo più con bandi senza scadenza: «È l’evoluzione del modo di interagire col Terzo Settore, perché consente alla Fondazione
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