Non c’è niente da fare, Grenoble ha un passo in più rispetto alle altre città francesi». In Francia le dichiarazioni di Martin Hirsch sono sentenze inoppugnabili. E quella espressa pochi mesi fa dall’ex Alto commissario della solidarietà attiva contro la povertà ricompensa 40 anni di sperimentazione nel campo sociale. Alcuni parlano di una cultura sociale risalente agli inizi dell’800, quando a Grenoble spuntarono le prime mutue.
La chiave del successo risiede in gran parte nella complicità che è venuta a crearsi tra le autorità comunali e la rete associativa. «L”azione del Comune non sarebbe nulla senza l’apporto delle associazioni», sostiene Olivier Noblecourt, vice-presidente del Ccas – Centro comunale di azione sociale.
Dalla consegna di alloggi sociali alle politiche di accoglienza dei migranti, dai microcrediti concessi ai cittadini iscritti nella lista nera del sistema bancario francese ai contratti di inserimento professionale, «gran parte delle iniziative sociali sono pensate e attuate con il mondo associativo». Il livello di collaborazione è tale che Grenoble è ormai definita il “laboratorio sociale” della Francia. «Quando nella tua città c’è un bambino su tre che vive sotto la soglia della povertà, gli ego vanno messi da parte», prosegue Noblecourt. Le associazioni sono le prime a salutare un partenariato che oggi vede il Comune, la diocesi di Grenoble-Vienne e un pugno di associazioni lavorare mano nella mano nella gestione comune dei campi rom.
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