L’Odissea per ottenere il tanto desiderato permesso di soggiorno si alimenta e si infittisce sempre più di bizzarre creature. Non ciclopi né sirene, l’ultimo mostro approdato sulla rotta degli immigrati in attesa di regolarizzazione è l’atteso (e temuto) test di lingua italiana, la cui prima puntata è andata in onda in alcune città italiane qualche settimana fa. Un esame cui si devono sottoporre tutti i cittadini extracomunitari intenzionati a richiedere il permesso di soggiorno prolungato o indeterminato.
A dire il vero, non ci trovo nulla di sbagliato in questo provvedimento, anzi, avrei addittura preferito che alle nozioni meramente grammaticali venissero affiancate anche “prove” di educazione civica e di diritto costituzionale, giusto un’infarinatura sui diritti e i doveri di tutti coloro che scelgono l’Italia come Paese d’arrivo.
Sono certa che sentendo al tg di questa novità, ci siamo chiesti: come ce la caveremmo noi italiani se dovessimo essere sottoposti a un test per provare le nostre conoscenze linguistiche ogni qual volta avessimo bisogno di ottenere, per esempio, il rinnovo della carta di identità? Siamo sicuri di conoscere correttamente la nostra ricchissima e difficilissima lingua? Quante volte rimaniamo basiti quando sentiamo errori atroci, chi ancora dice “patè d’animo” invece di “patema d’animo”?
Certo, la grammatica italiana è complicata: nomi, pronomi, verbi, avverbi, condizionale, trapassato remoto…
Povero extracomunitario. Non solo devi avere un lavoro in regola, quando oramai la precarietà anche tra i giovani italiani la fa da padrona. Non solo devi avere un’abitazione “consona” di almeno tre locali, quando la maggior parte dei giovani vive ancora con i genitori o in monolocali da 15 mq. Ora ti tocca pure parlare l’italiano meglio degli italiani. Buona fortuna!
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