Non profit

Perché ho trasformato lo Ial Cisl in impresa sociale

Le nuove frontiere della formazione

di Redazione

Proprio sulle pagine di Vita anticipammo il progetto di trasformazione dello Ial Cisl in impresa sociale. Un progetto che si è positivamente concretizzato con la recente costituzione della srl nazionale “Innovazione Apprendimento Lavoro” che comincerà formalmente ad operare con la qualifica di impresa sociale una volta decorsi i tempi di registrazione previsti dalle vigenti norme in materia.
Un obiettivo di cambiamento che non si esaurisce nelle sole dimensioni dell’innovazione organizzativa, strutturale o giuridica dell’ente e delle sue articolazioni regionali, che hanno già completato il percorso di trasformazione nella nuova forma giuridica, ma che trova il suo motivo conduttore nella forza di una opzione culturale, condivisa e partecipata da tutto il gruppo dirigente confederale, di coniugare in modo sempre più esplicito ed evidente, attraverso lo strumento dell’impresa sociale non profit, la nostra capacità di stare sul “mercato” con quei valori e quel patrimonio di idealità propri della Cisl, in particolare sui temi della bilateralità e della partecipazione.

Una sfida nazionale
Questa scelta culturale trova corrispondenza naturale nell’assetto sia della società a livello nazionale, che vede il coinvolgimento della Cisl nazionale, con una quota di maggioranza, e delle principali unioni sindacali regionali e federazioni nazionali di categoria, sia di quelle regionali, partecipate – oltre che in prospettiva dalla società nazionale – dalle strutture sindacali dei territori di riferimento.
Un modello di governance che strategicamente assume la condizione della incompatibilità dei ruoli di rappresentanza propri delle strutture e del gruppo dirigente del sindacato con quelli della gestione delle società, quale ulteriore elemento di garanzia per il perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia, qualità e flessibilità che dovranno caratterizzare, con responsabilità e trasparenza, la progettualità e l’iniziativa di tutte le srl – imprese sociali.
Rafforza questa prospettiva la scelta, condivisa e sostenuta dalle società regionali, nella loro autonomia, di mantenere in capo alla società nazionale le funzioni di audit finanziario e quelle inerenti la formazione e l’aggiornamento del gruppo dirigente, quali elementi distintivi di un “sistema” che, pur innovato e sviluppato nella transizione da ente a impresa sociale, si conferma come orizzonte identificativo di una comune visione ed appartenenza da cui discendono la condivisione di indirizzi e l’adesione a regole e pratiche professionali e gestionali funzionali ad accrescere la qualità del nostro “fare formazione”.
È a tal fine il nuovo “sistema Ial – Innovazione Apprendimento Lavoro” promosso dalla Cisl e ora acquisito dallo Ial, congiuntamente alla confederazione nazionale ed alcune strutture regionali e di categoria.
Il Cesos, anch’esso divenuto srl – impresa sociale, completa “la filiera del lavoro” che, con il supporto del patrimonio conoscitivo storico della Fondazione Giulio Pastore, vede ricomposte in modo coerente le funzioni e le attività di ricerca, approfondimento, innovazione, nel campo delle politiche formative e del lavoro, indispensabili ad accompagnare e sostenere una formazione di qualità, coerente con i fabbisogni di crescita ed innovazione delle persone, dei sistemi produttivi e anche delle pubbliche amministrazioni.
In tal senso, il “sistema Ial”, così innovato e integrato, può rappresentare per la Cisl una risorsa strategica anche per rafforzare l’identità culturale e l’appartenenza all’organizzazione degli iscritti nei luoghi di lavoro.

Oltre la crisi
La sfida che raccogliamo con la fondazione della nostra “impresa sociale”, quindi, è intimamente connessa a quella – assai più ampia – di poter ricostruire, guardando oltre la crisi, i presupposti di una nuova centralità del lavoro, che richiede una consapevolezza più profonda del ruolo della formazione, e in particolare della formazione continua, quale asse portante di un sistema di tutele destinato ad uscire dai confini dei luoghi di lavoro per estendersi alle diverse fasi della vita e a luoghi sociali diversi, intercettando dinamicamente i bisogni e le aspirazioni delle persone nella loro complessa individualità, valorizzando tutti quei dispositivi (di lettura, di promozione, di tutela, di accompagnamento) che con maggiore efficacia e flessibilità possono essere attivati dalla società civile, in chiave coerente ed integrata con quelli tipicamente istituzionali.

Nuovo protagonismo
La strategia ed i percorsi di politica attiva del lavoro, oggi resi indispensabili dalla crisi economica, hanno evidenziato il valore aggiunto dei soggetti e degli strumenti della bilateralità, espressione delle rappresentanze del lavoro e dell’impresa, quali risorse e risposte di prossimità, diversificate e flessibili, alle esigenze delle persone e dei sistemi produttivi.
In questo contesto dare nuovo protagonismo al lavoro significa ridisegnare i confini delle tutele tradizionali rafforzando l’efficacia di prestazioni (dall’intermediazione di lavoro, alla formazione continua e permanente, al sostegno al reddito) che trovano una naturale contiguità con l’esercizio dell’attività negoziale e dell’autonomia delle parti sociali.
E questo percorso di ri-costruzione integrata delle politiche sociali, del lavoro e della formazione per e nel lavoro è credibile se il modello di governance è effettivamente sussidiario e partecipato e se, guardando oltre la crisi, consentirà di fondare la prospettiva, anche nel nostro Paese, di una welfare society che riconosce e sostiene la piena cittadinanza dei suoi corpi intermedi.

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