I primi a partire sono stati quelli di Medici senza frontiere. Prime emergenze: i profughi, i minori
e i migranti africani
che vivono nel PaeseVorrei lanciare un appello per i circa duemila eritrei che si sono riversati nella chiesa e nei nostri locali per cercare aiuto e assistenza. Chiedo che queste persone possano essere assistite e trovare rifugio da qualche parte. Non c’è nessuno che pensa a loro». A lanciare un Sos da Tripoli è il vescovo cattolico monsignor Giovanni Martinelli, nel mezzo di una crisi come quella libica fatta di emergenze una incastrata nell’altra. Una prima risposta è già arrivata dal Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati, che è riuscito a far arrivare in volo a Crotone un gruppo di 54 eritrei, quasi tutti donne e bambini. 54 su 2mila, che fanno parte di quel milione e mezzo di africani fino a poche settimane fa impiegati come forza lavoro sottopagata nel Paese di Gheddafi e la cui condizione è fra le più dure.
Nel mezzo di una guerra civile di cui si sa pochissimo, le organizzazioni umanitarie non governative sono state le prime a entrare in Libia e prestare soccorso. Il 24 febbraio, un team di Medici senza frontiere, con farmaci e attrezzature mediche, è riuscito ad arrivare a Bengasi, passando per la frontiera egiziana. «In città abbiamo trovato circa 1.800 feriti, e una situazione sanitaria sotto controllo grazie al buon livello degli ospedali libici», afferma Rosa Crestani, responsabile delle emergenze umanitarie di Msf a Bruxelles. «Siamo intervenuti in appoggio, perché gli ospedali locali stavano esaurendo il materiale medico e chirurgico. Al momento otto tonnellate di forniture mediche sono già arrivate a Bengasi e altre due sono in viaggio dall’Egitto alla Libia».
Logistica ed emergenze
Fa perno sul Cairo la logistica degli aiuti con destinazione Libia. Ong e agenzie dell’Onu si organizzano lì, a partire da due priorità: capire i bisogni sul terreno e verificare la possibilità di intervenire, in termini di accesso e capacità operativa nel Paese confinante. Al telefono dal Cairo, Micol Picasso del Cesvi spiega che entro 48 ore, se tutto va bene, arriverà in Libia via terra, insieme ad altri due cooperanti dell’ong francese Acted: «Ci fermeremo nella città che si trova subito al di là del confine, portando un carico di cibo e coperte agli sfollati in esodo verso l’Egitto».
Oltre all’assistenza sanitaria immediata sul posto, l’altra emergenza è quella dei profughi. Secondo l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, sono 75mila le persone fuggite dalle rivolte contro il regime libico nelle ultime due settimane di febbraio. Un flusso che per ora sta premendo sui Paesi confinanti. Anche secondo Rosa Crestani di Msf «sono migliaia le persone che attraversano ogni giorno la frontiera con l’Egitto», ma se ad ovest «la situazione è sotto controllo», la frontiera a est con la Tunisia è molto più calda e «la situazione è tesa», anche se «il governo tunisino ha dimostrato una buona capacità di gestire il flusso di persone che si riversa al di là della frontiera».
Le organizzazioni umanitarie stanno agendo su più fronti: Msf ha un gruppo di 11 medici e sanitari in Libia, ma anche un’équipe in Egitto, una in Tunisia e una a Lampedusa. Un volo del Pam, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, è partito il 28 febbraio dalla base di pronto intervento umanitario di Brindisi, con un carico di 80 tonnellate di biscotti ad alto contenuto energetico da distribuire in Tunisia nelle zone di confine con la Libia attraverso gruppi locali e operatori umanitari.
Sos infanzia
Un’emergenza a parte è quella dei minori, visto che, come sottolinea il presidente di Unicef Italia, Vincenzo Spadafora, «il 40% delle persone coinvolte negli scontri in Libia ha meno di 18 anni». «L’Unicef non ha un ufficio in Libia», spiega, «ma personale dell’Unicef è partito in questi giorni, anche se siamo in una fase iniziale organizzativa e soprattutto difficile, viste le condizioni di contesto generale». Anche Save the Children ha mobilitato un team di emergenza per portare i primi soccorsi ai rifugiati che raggiungono i Paesi confinanti con la Libia, e a Lampedusa ha potenziato lo staff impegnato da settimane nelle attività di protezione dei minori arrivati dagli altri Paesi del Nord Africa e già affidati a centri di accoglienza in Puglia e Sicilia.
Fuori dalla Libia, è il Mediterraneo il fronte più prossimo dell’emergenza. Il Cir ha richiesto di attivare la Protezione temporanea, già prevista dalla direttiva europea del 2001, affinché gli sfollati, arrivati in questi giorni dal Nord Africa in modo spontaneo od organizzato e quanti potranno arrivare in futuro, possano subito avere uno status legale, temporaneo appunto, nel territorio dell’Unione europea, in attesa degli sviluppi nei loro Paesi di origine. Si tratta di uno status che viene concesso a gruppi di persone, indipendentemente dalla presentazione di domande di asilo e comunque senza la necessità di esaminarle individualmente.
Desta particolare preoccupazione la condizione dei migranti africani che da anni vivono in Libia, e che non ricevono nessun tipo di assistenza dai loro governi. Alla Caritas Libia è stato chiesto di preparare una lista dei casi più urgenti da consegnare all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati «in vista di un intervento umanitario dell’Unione Europea».
Le organizzazioni non governative che operano in Libia per il momento si sono attivate utilizzando fondi propri e risorse provenienti da donazioni private. Il governo italiano si è detto pronto a «sostenere corridoi umanitari con forniture di aiuti alimentari e sanitari in collaborazione con gli Usa e l’Unione europea» purché, ha precisato il ministro degli Affari esteri, Franco Frattini, «si tratti di un’iniziativa non solo occidentale ma di tutta la comunità internazionale: un ruolo cruciale spetta ai Paesi arabi e all’Unione Africana».
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