Non profit

Addio boss, addio commesse? «Da noi non è andata così»

La cooperativa che ha rilanciato la Calcestruzzi Ericina

di Redazione

Tra le tantissime aziende confiscate costrette a chiudere o a fallire per le pressioni mafiose, ce n’è una che ha resistito. La storia della Calcestruzzi Ericina Libera è oggi la dimostrazione di come si possa uscire dal giogo della criminalità organizzata e rinascere grazie alla collaborazione tra associazionismo e istituzioni locali. Tutto ha inizio nel 1996, quando l’azienda viene sequestrata a Vincenzo Virga, boss del mandamento di Trapani. «In quel periodo non avevamo problemi di commesse e il lavoro arrivava con sorprendente facilità», racconta l’attuale presidente della Calcestruzzi Ericina Libera, Giacomo Messina. Ma all’improvviso per Messina e gli altri lavoratori dell’azienda tutto cambia. Dal tribunale di Trapani piomba il decreto di confisca definitiva e contemporaneamente viene arrestato l’allora proprietario colluso. «In pochissimo tempo perdemmo oltre il 50% delle commesse perché la mafia incominciò a fare pressione sugli abituali clienti», continua Messina.
I lavoratori della Calcestruzzi sono costretti alla cassaintegrazione e, come se non bastasse, i clan riescono a contattare un funzionario del Demanio e lo convincono a svalutare l’impresa per poter poi facilmente riacquistarla all’asta. «Le circostanze ci consigliavano di lasciar perdere, ma per noi quell’azienda aveva un significato particolare perché ci aveva dato da mangiare per oltre dieci anni», racconta Messina, «e non potevamo lasciarla agli interessi mafiosi». Per fortuna l’intervento del prefetto Fulvio Sodano scongiura la chiusura, e con il contributo di Libera, della cooperazione e delle amministrazioni locali la Calcestruzzi riesce a mantenere il livello occupazionale e a ottenere alcune importanti commesse, tra le quali i lavori dell’America’s Cup.
Ma i lavoratori non si accontentano e provano ad entrare nella innovativa filiera del riciclaggio di rifiuti inerti. «L’idea era quella di diversificare il nostro mercato con un occhio all’ambiente e al riutilizzo di materiale altamente inquinante», aggiunge Messina. La Calcestruzzi Ericina sarebbe diventata un simbolo dell’antimafia, «producendo calcestruzzo legale ed ecologico». Il forte impegno di Libera permette alla Calcestruzzi di accedere ai finanziamenti Pon Sicilia, ai quali si aggiungono 700mila euro provenienti da Unipol.
Nel 2007 aprono i primi impianti e l’anno dopo i lavoratori decidono di fondare la cooperativa “Calcestruzzi Ericina Libera”, passaggio obbligato per poter avere assegnato definitivamente il bene. Oggi l’azienda è saldamente sul mercato. «Nel 2010 siamo riusciti a fatturare oltre 1,5 milioni di euro e in questi anni abbiamo evitato licenziamenti arrivando persino ad assumere altri lavoratori». «Certo, il nostro volume di affari è ancora legato alla produzione tradizionale di calcestruzzo», continua Messina, «ma stiamo cercando di sensibilizzare anche le amministrazioni pubbliche all’utilizzo di materiale di riciclo». D’ora in poi, però, per la Calcestruzzi arriveranno altri problemi. «Con l’assegnazione definitiva, tutti gli oneri cadranno su di noi e così dovremo sostenere anche il mutuo di 700mila euro concesso da Unipol». «In più, a differenza dei beni immobili, le aziende non possono beneficiare dei fondi Pon Sicurezza e questo ne fa una sorta di beni confiscati di serie B. Purtroppo lo Stato non sembra ancora curarsi delle aziende, eppure questo è forse uno dei problemi più gravi nel settore dei beni confiscati», conclude Messina.

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