Non profit

Quaranta anni dopo il primo ecomostro d’Italia non si è ancora messo in regola

L'ex Hotel Fuenti di Salerno

di Redazione

Mostri che vanno, problemi che tornano. Storia travagliata, quella del primo ecomostro italiano, l’ex Hotel Fuenti, costruito a Vietri sul mare già nel 1968. Siamo, per la precisione, su una scogliera di tufo che si getta a capofitto verso il golfo di Salerno, non lontano dalla torre di Bassano, nel mezzo di un’area soggetta a vincolo ambientale. Non abbastanza, secondo chi rilasciò le concessioni, per impedire di costruirvi un albergo da duemila metri quadri, sette piani di altezza e la bellezza di 34mila metri cubi di cemento.
Fu proprio a partire da lì, peraltro, che la parola “ecomostro” cominciò a farsi spazio nel dizionario italiano, quando associazioni e istituzioni ebbero a ridire del fatto che, proprio lì, uno scempio del genere non s’aveva da fare. Il soprannome, in realtà, calzava in maniera perfetta per il Fuenti, tanto più che delle differenze notevoli furono riscontrate tra il progetto e la costruzione: una delle più importanti riguardava la diversità tra gli sbancamenti previsti (gli scavi all’interno della superficie) e quelli realizzati, che mettevano in pericolo la stabilità della costiera. A quel punto prendeva il via la battaglia legale: la proprietà, la famiglia Mazzitelli, non aveva intenzione di mollare, ma nel 1981, dopo botta e risposta vari, la struttura fu confiscata.
«Il Fuenti fu definitivamente destinato all’abbattimento nel 97», spiega Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania, «ma si poneva il problema di cosa fare dell’area, e si fecero strada vari progetti di riqualificazione. A velocizzare la demolizione fu l’introduzione del decreto Ronchi, stilato praticamente ad hoc per risolvere il caso. Il decreto, infatti, velocizzava l’iter burocratico per le opere di demolizione in aree protette». La demolizione cominciò nel 99, e alla famiglia Mazzitelli, che rimaneva proprietaria dell’area, fu data la possibilità di promuovere un nuovo progetto di sfruttamento. Le cose, questa volta, sembravano essere fatte in maniera regolare, e persino le associazioni si espressero in maniera favorevole, quando nel 2009 venne inaugurata la spiaggia, e mostrato al pubblico il progetto di un ristorante dedicato alla gastronomia e ai prodotti locali, un’enoteca, un museo didattico all’aperto, un centro benessere sul modello dei bagni termali romani, e parcheggi coperti. Nonostante il progetto fosse stato approvato dalla Conferenza dei servizi nel 2004, però, a distanza di pochi mesi la procura di Salerno sequestrò nuovamente il tutto, ipotizzando i reati di abuso d’ufficio e falso omissivo in atto pubblico. Nella costruzione delle nuove strutture, secondo l’accusa, la proprietà si stava accingendo a mettere in atto abusi simili a quelli che avevano portato all’abbattimento del Fuenti, ormai dieci anni prima.
Tutto fermo, quindi, da allora, con la proprietà che protesta «perché il reato che ci viene contestato non era stato ancora commesso al momento del fermo». Suona, invece, un po’ come una beffa la dichiarazione dell’architetto Maria Teresa Mazzitelli – promotrice del progetto e nel registro degli indagati – nel giorno della nuova inaugurazione: «Abbiamo imparato la lezione», diceva a suo tempo, «e questo progetto che realmente riqualifica l’area ne è la prova». Chi abbia ragione lo diranno le carte, ma quel che è certo è che, ecomostri o meno, a quel tratto di costiera un po’ di pace sembra davvero non essere concessa.

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