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Coop anticrisi: se il padrone chiude, loro riaprono

fenomeni

di Redazione

I lavoratori salvano il posto acquistando la propria azienda. È il “workers buy out”, un’operazione da tempo diffusa negli Stati Uniti che inizia ad essere molto praticata anche da noi. I dipendenti della ditta in crisi si mettono insieme e fondano una cooperativa: sarà la newco che rileverà l’impresa. Il capitale di partenza è la mobilità che in genere l’Inps anticipa di 12 mesi, spesso vengono usati anche i soldi del trattamento di fine rapporto, anche se in questi casi i tempi possono essere più lunghi.
Nell’ultimo periodo i casi sono diventati molto più frequenti: basti pensare che Coopfond, il fondo mutualistico di Legacoop, ha seguito 14 operazioni di questo tipo dal 1994 al 2007, mentre negli ultimi tre anni i casi sono già 19, di cui 13 in corso, e in totale ha impegnato nei WBO quasi 7 milioni di euro salvando ad oggi 400 posti di lavoro.
L’ultimo caso è quello della Greslab di Scandiano, provincia di Reggio Emilia. Era una impresa del settore della ceramica attiva da quarant’anni nel distretto di Sassuolo, fallita nel 2009. Oggi trenta dipendenti si sono messi insieme e hanno fatto ripartire l’azienda. «In momenti come questi, in cui la crisi si fa sentire, la formula cooperativa è uno strumento per reagire», dice Aldo Soldi, direttore generale di Coopfond che in questa operazione ha investito 300mila euro.
«Ma perché l’operazione vada a buon fine ci vogliono una serie di requisiti stringenti». Quali è ancora Soldi a precisarlo: «Dev’esserci l’accordo tra proprietà, creditori e liquidatori, l’assenso dei sindacati e un business plan credibile».

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