Non profit
Perché l’ong diventa fondazione
Forma giuridica il nodo della governance degli enti non governativi
di Redazione

Ho visto che alcune ong hanno scelto di trasformarsi in fondazioni. Il caso più recente è quello di Acra. Qual è la ragione che rende conveniente un tale cambiamento di status?
Governabilità. Questa è la parola chiave, quasi un mantra, che sentiamo ripetere dai consiglieri delle organizzazioni non profit. Perché va bene la condivisione, non facciamoci mancare la partecipazione, ma enti di una certa complessità gestionale devono poter prendere decisioni rapide anche su aspetti strategici; non si può certo aspettare la volontà di un’assemblea che si riunisce se va bene una volta l’anno, non possiamo più permetterci ? afferma chi inizia a covare l’idea di trasformare un’associazione in fondazione ? ritardi e incomprensioni da parte di una base associativa che condivide la missione ma che nulla sa di scenari futuri e di conduzione di enti non profit. Come potete immaginare, questo è l’elemento più controverso, in quanto dietro la condivisibile ragione di migliorare l’amministrazione dell’organizzazione, qualcun altro, nell’ente, potrebbe intravvedere l’esautorazione dell’assemblea quale luogo e momento più alto di partecipazione dei soci alla condivisione ? certo non alla gestione spicciola ? dell’associazione. Per non dare questa impressione errata, i benintenzionati (dato che i malintenzionati non meritano la nostra attenzione) ipotizzano una struttura complessa di organi interni l’un dall’altro dipendenti e controllanti. Ci perdiamo nella lettura di statuti che citano consigli di promotori, collegi di partecipanti, assemblea di aderenti, consigli di amministrazione e altri ancora, oltre ai davvero preziosi ? se si usano ? organi di controllo. La sostanza è: ma queste fondazioni veramente funzionano, oppure è solo un modo per complicarsi la vita? Con spirito lapalissiano ripeto da tempo che la differenza ? in tutto – la fanno le persone, con le loro capacità e intenzioni.
Affermazione ovvia, d’accordo, ma che risolve il dubbio di cui sopra. Se a costruire l’architettura dell’ente con pesi e contrappesi è un gruppo di lavoro interno che tiene conto della storia dell’organizzazione, delle sue peculiarità (vedi anche alla voce “litigiosità”) e degli obiettivi condivisi, c’è la possibilità ? anche alta ? che il nuovo sistema di governance funzioni e porti un miglioramento gestionale senza sacrificare sull’altare di un supposto efficientismo la partecipazione di chi aderisce all’ente. Ci sarebbero altri consigli forse meno banali, come il fatto di prevedere consiglieri “indipendenti”, cioè esterni alla storia dell’ente, che possono portare nuove prospettive di visione dei problemi e forse nuove soluzioni. Infine ricordo che, diventando fondazione, l’ente, nelle modalità previste dal Codice civile e dal dpr 361/00, acquisisce la cosiddetta “autonomia patrimoniale perfetta”, che non consente ai creditori dell’ente di aggredire il patrimonio di chi agisce in nome e per conto dell’ente, così come l’opposto caso. Obiettivo raggiungibile, però, anche con l’acquisizione della personalità giuridica da parte dell’associazione. Pertanto non si sfugge: “governabilità” rimane la parola chiave.
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