Non profit

La guerra dell’oro blu non risparmia nemmeno l’acqua sacra del Gange

Privatizzazione, inquinamento, scarsità di risorse idriche

di Redazione

Tra i più imponenti progetti del subcontinente indiano, vi è la proposta di collegare tutti i fiumi del Paese per mezzo di superdighe e supercanali con un costo di 200 miliardi di dollari, ossia 200 volte più di quanto l’India spende per l’istruzione, tre volte il gettito fiscale annuo dello Stato, il 25% del prodotto interno lordo, una cifra di 72 miliardi superiore al debito estero del Paese. Se entro il 2030 i Paesi a crescita esplosiva del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) supereranno il consumo d’energia dell’Occidente, secondo le previsioni dell’Ocse con danni ambientali enormi, il problema della scarsità d’acqua sarà ancora più grave.
Sempre secondo l’Ocse, oggi il 63% delle popolazioni del Bric non ha sufficiente risorse idriche: la percentuale dovrebbe salire all’80% entro il 2030 senza soluzioni serie. Nel 1998, 28 Paesi erano afflitti da problemi idrici o da scarsità d’acqua; secondo le previsioni, entro il 2025 questa cifra dovrebbe crescere a 56. Il numero di persone che vivono in Paesi “secchi” dovrebbe salire dai 131 milioni del 2009 agli 817 milioni del 2025. Questo il costo della privatizzazione dell’oro blu, unita alla complicità dei governi.
A guadagnarci, i soliti giganti, che si chiamino Coca-Cola (contro il cui stabilimento in Kerala, che ha prosciugato le falde, si è creato un battagliero comitato locale) o Gdf Suez (la multinazionale francese che sta canalizzando il Gange, togliendo acqua ai campi). Difficoltà idriche trasversali tanto alla campagna quanto alla città, dove se i corsi dei fiumi non sono deviati, resta comunque presente il pesante ostacolo dell’inquinamento.
Le acque del sacro fiume Gange sono tra le più impure del Pianeta. Nella città santa di Varanasi gli scarichi arrivano per la gran parte direttamente al fiume senza alcun filtraggio, proprio dove la gente si immerge per le abluzioni rituali. Non stupisce che, con una popolazione di un milione e 200mila abitanti, Varanasi possa contare solo su sei impianti di depurazione, che spesso si fermano per mancanza di energia.
Anche l’acqua dello Yamuna, l’immenso corso che divide Delhi, è ormai diventata inutilizzabile. Colpa dell’inquinamento. Tutte le fabbriche gettano le scorie senza depurare, lo stesso vale per l’80% degli scarichi cittadini. Basterebbe ridurre le emissioni.
In tanti sono stanchi del sangue versato per l’acqua. In India, non si tratta di metafore: i casi di suicidio nella zona della diga di Tehri, per esempio, dove ai contadini viene negato l’accesso ai canali irrigui, si moltiplicano di anno in anno.

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