Non profit

«Per produrre Green Pallet abbiamo cominciato a pensare al contrario»

Il caso della Palm

di Redazione

Per sua natura il pallet è un prodotto povero: è quella pedana di assi di legno incrociate con cui si movimentano un’infinità di prodotti e merci. Ma è intorno a questo prodotto che Palm, azienda familiare di Viadana, provincia di Mantova, ha costruito la sua innovazione: puntando sul Green Pallet, ovvero il pallet sostenibile.
A Ecomondo sarà protagonista coi prodotti della linea di eco-arredo Palm Design: «La base dello stand Novamont sarà in green pallet», spiega l’ad Primo Barzoni, «con accessibilità per i disabili. Per Slow Food abbiamo realizzato i tavoli per gli spuntini. Poi c’è quello di AssoScai».
Quanto costa l’innovazione green? «Finanziamenti all’impresa sostenibile», risponde, «non ne ho mai visti. Volendo fare impresa in modo responsabile partendo dal concetto di filiera, nel nostro settore una criticità è rappresentata dal commercio illegale dei pallet. L’altra è la non tracciabilità del legno, di cui nella maggioranza dei casi non si conosce la provenienza. Per cui il primo passo è la certificazione».
Non a caso Palm ha chiesto ai suoi trenta fornitori di sottoscrivere il Codice etico aziendale e i criteri della certificazione “Valore Sociale” (no corruzione, lavoro minorile, taglio illegale). «Hanno aderito tutti», racconta Barzoni, «e anzi ne sono stati fieri: nessuno gliel’aveva mai chiesto».
L’azienda ha anche definito un Disciplinare per il green pallet “sano, sistemico ed etico”, con indicazioni cui il produttore certificato Green Pallet deve attenersi. E ha lanciato la campagna “Filiera bosco-legno-consumatore responsabile” per promuovere la sostenibilità ben oltre i propri cancelli, fino ai consumatori. Perché un consumatore informato spesso fa scelte sostenibili «ma serve tempo, perché l’economia sostenibile cresce col passaparola. E all’inizio costa a chi la promuove».
L’innovazione più importante che la green economy impone, comunque, è che «bisogna pensare all’inverso: partire da un’idea di prodotto pulito», dichiara Barzoni, «e integrare i costi che, diversamente, vengono scaricati sulla collettività. Con prezzi trasparenti che comprendano le esternalità negative».

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