Non profit
Caro donatore ti scrivo… Ma non troppo
Cosa e come "tagliare" le lettere ai sostenitori
di Redazione
Scusa se ti ho scritto questa lettera così lunga, ma non ho avuto tempo di farla breve». Questa famosa citazione fa capire quanto sia difficile scrivere l’essenziale. Anche nei testi di fundraising. Ne correggo spesso. E molto spesso lavoro con copyrighter professionisti: da loro ho imparato molto. La maggior parte delle correzioni sono di questo tipo:
1. Elimino il primo, a volte anche il secondo e il terzo paragrafo. Funziona. In realtà la maggior parte di noi (compreso me stesso) usa i primi paragrafi come “riscaldamento”, prima di arrivare al punto. Tutto tempo perso.
2. Elimino tutti i “che”. Frasi tipo: «io spero che tu voglia donare» sono più deboli rispetto a «io spero tu voglia donare».
3. Elimino tutti gli avverbi. Gli avverbi rendono i verbi di azione (e la donazione è un’azione) meno forti.
4. Elimino molti aggettivi. Un buon aggettivo può aiutare molto, ma spesso è inutile.
5. Elimino gran parte delle spiegazioni tecniche della causa. Alcuni dettagli possono renderla più veritiera, ma la maggior parte rende la lettera complicata e difficile da comprendere. E quindi rendono difficile donare. Non sono contrario alle lettere lunghe. Anzi, alcune ricerche hanno dimostrato che in “periodi di crisi economica” la gente prima di donare ha necessità di maggiori informazioni e quindi ha bisogno di leggere di più. Recentemente ho realizzato per una onp di Roma una serie di tre lettere di quattro pagine e hanno funzionato alla grande. Sono contrario alle lettere inutili.
6. Infine, cosa più importante, elimino le “letture condivise”: quando corregge una lettera, la maggior parte dei comitati o dei consigli di amministrazione tende ad aggiungere, invece di tagliare. Allungare il brodo è la morte del copyright. Ecco perché dico sempre che se volete fare una buona lettera scrivetela da soli; se volete che venga male, fatela in gruppo!
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