Non profit

D’ora in poi bisogna imparare a parlare di “volontariati”

Le ricette di Cge e CSV Lombardia, la regione a più alto contenuto di gratuità

di Redazione

Per la precisione, 4.667 organizzazioni di volontariato iscritte, oltre 200mila volontari. Due dati che danno bene l’idea di come, quando si parla di volontariato, la Lombardia sia un caso di studio a livello europeo nel campo della gratuità. A fare da cabina di regia di questo sistema virtuoso, i 12 Centri di servizio per il volontariato (CSV), e il Coge (Comitato di gestione) Lombardia, organismo previsto dalla legge 266 per sostenere il volontariato e attraverso l’impegno finanziario di soggetti privati quali le Fondazioni. E che, per il sistema lombardo, ha visto il fondo speciale alimentato, come ricorda il presidente Carlo Vimercati, «in modo continuativo da Fondazione Cariplo e Fondazione Banca del Monte di Lombardia. Il nostro sistema ha dato un contributo molto importante allo sviluppo del volontariato. Basti pensare che alla sola Lombardia sono stati assegnati, dal 1996 al 2011, ben 91 milioni di euro». Tra i CSV e il Comitato di gestione in questi anni si è sviluppato un «confronto che ha permesso di identificare delle strategie condivise per affrontare le criticità», spiega Vimercati. «Soprattutto in questi ultimi tre anni di crisi finanziaria, economica e sociale, è sempre più chiara la necessità di un confronto che permetta la nostra funzione propulsiva».
Un periodo di crisi che ha trasformato l’impegno di tutti. «Anche a noi viene chiesto di adeguare le nostre risposte» osserva Giorgio Gotti, da due mesi presidente di CSV Lombardia. «Se all’inizio le necessità erano più basiche, per esempio ci veniva chiesto come si costituisce un’associazione, ora veniamo coinvolti sul come innalzare le competenze dei singoli volontari». Guardando all’ultima quindicina di anni dall’osservatorio dei CSV emerge una tendenza significativa: se da un lato le grandi organizzazioni si sono consolidate, l’urgenza delle odv è oggi quella di riuscire a intercettare le nuove generazioni. «Le odv più storiche spesso non hanno la capacità di usare le modalità e i linguaggi dei giovani, e questo scarto generazionale lo si nota anche in un nuovo fenomeno» continua il presidente regionale dei Csv: «I giovani sono più orientati a dar vita a organizzazioni informali: nascono dei gruppi, dei comitati che rispondono a un problema o a un’emergenza, e poi vengono meno quando il problema finisce». Mentre, sempre sul fronte giovanile, una delle realizzazioni che per Giorgio Gotti ha ottenuto un buon successo è l’alleanza tra scuole e CSV.
Le prossime tappe? Se il percorso di questi anni è a saldo positivo, c’è bisogno di un adeguamento normativo: «Noi siamo per il mantenimento di una legge quadro sul volontariato», dice Gotti, «ma occorrono degli aggiornamenti, occorre parlare delle realtà di secondo livello e parlare di “volontariati”. Ma soprattutto considerare che le nostre attività sono destinate all’insieme della società, al di là delle separazioni un po’ artificiose esistenti all’interno del Terzo settore».

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