«La Croce Rossa è una grande organizzazione umanitaria. Ha punti di eccellenza e punti di cui si dovrebbe vergognare. Stiamo parlando di uno di questi ultimi». Non usa mezzi termini Mauro Maurino, consigliere del consorzio Connecting People. È molto amareggiato anche perché la girandola di ricorsi e controricorsi che è stata fin qui la “battaglia” per la gestione del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone nel Foggiano, ha finito con il colpire gli operatori. «La Croce Rossa mette a rischio l’esistenza e la serenità di ottanta persone, tra i quali mediatori culturali e assistenti sociali, rifiutandosi di assumerle». Certo non è obbligata, ma quando un soggetto attuatore subentra a un altro nella gestione di una struttura, succede spessissimo che ne “erediti” i lavoratori. Fa parte di un codice di comportamento non scritto ma quasi sempre rispettato. «Quando nel 2008 abbiamo vinto la gara per l’affidamento dei servizi nel Cara gestito da quasi un decennio dalla Croce Rossa», ricorda Maurino, «noi abbiamo proposto l’assunzione ai circa 20 operatori che vi lavoravano. D’altra parte c’è da chiedersi come la Croce rossa riuscisse a gestirlo solo con volontari».
Nel febbraio 2010 Connecting People subentra così alla Croce Rossa. Passano due anni ed ecco il “ribaltone”: con la sentenza del 17 gennaio 2012, il Consiglio di Stato riassegna la gestione del Cara all’organizzazione umanitaria, rovesciando un precedente pronunciamento del Tar. La Croce Rossa a questo punto fa sapere di non essere interessata a instaurare un rapporto con gli operatori del consorzio (che ha presentato ricorso in Cassazione). «Non è un problema nostro, la sentenza annulla la gara, quindi non subentriamo ma ripristiniamo la nostra gestione», spiega il commissario straordinario della Cri, Francesco Rocca.
«Quando abbiamo cominciato a gestire il centro, la struttura era in pessime condizioni», ribatte Giuseppe Scozzari, presidente di Connecting People, «condizioni delle quali fortunatamente abbiamo documentazione fotografica. Stupisce l’idea che gli stessi responsabili di allora, oggi scomodino concetti come quelli di azione umanitaria e tutela dei diritti dei vulnerabili. I servizi offerti in una struttura ridotta così non potevano certo essere adeguati alla tutela dei diritti». «Durante la nostra gestione», aggiunge Orazio Micalizzi, «sono scomparsi gli episodi di intolleranza e le piccole rivolte legate alla scarsa qualità dei servizi e più in generale alla necessità di protezione di cui hanno bisogno le persone di cui ci occupiamo». «In pratica la Croce Rossa non vuole le persone che hanno tanto lavorato per rendere migliore il centro. E così facendo crea un precedente negativo»», conclude Maurino, «c’è da chiedersi se questo rientri davvero nell’interesse della pubblica amministrazione, se davvero la Prefettura non potesse far altro che riaffidare la gestione alla Croce Rossa. Non era meglio ad esempio ripetere la gara, se si era convinti di pratiche illegali che del resto non ci sono state?».
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