Per Andrea Olivero, numero uno delle Acli e portavoce del Forum del terzo settore, il Manifesto per un servizio civile universale lanciato da VITA è «senza dubbio convincente». Visto che il principio dell’obbligatorietà «così nudo e crudo non può più venir riproposto perché introduce frustrazioni e negatività che andrebbero a inquinare la tensione ideale del meccanismo», è essenziale comunque che passi il principio che a tutti i giovani «deve essere data la possibilità di fare un’esperienza di servizio civile». Che poi è rimasta l’unica strada per la partecipazione civile dei ragazzi: «Per il resto non c’è nulla, e anche il servizio civile così com’è si sta mestamente esaurendo». Come del resto dimostra un dato che il presidente delle Acli ha ben in mente, quello che dice che 31 giovani su cento sono disoccupati, a cui si aggiungono, dato 2010, i 2,2 milioni di giovani fra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e nemmeno cercano lavoro: i cosiddetti Neet (che solo nel 2008 non erano nemmeno 2 milioni).
D’accordo un servizio civile universale. Ma con quali fondi? Perché poi, stringi stringi, l’imbuto più stretto è quello finanziario. Una questione che Olivero decide di affrontare di petto. Il primo punto è la “remunerazione” dei volontari. «Il rischio che corre l’attuale sistema è che i 430 euro al mese talvolta siano percepiti come una sorta di reddito sociale: non è così e non deve essere così». Per questo in un’ottica di riforma si potrebbe anche pensare a una riduzione della diaria «ma non a una sua cancellazione, perché le spese vive naturalmente non possono venir addebitate ai volontari». Questo però non risolverebbe il problema. «È vero», conferma Olivero. Ecco allora la seconda gamba del ragionamento: «Lo Stato deve dare il suo contributo, questo deve essere chiaro, ma credo che anche altri soggetti che abbiano a cuore la crescita della loro comunità possano venir chiamati in causa». Quali? «Sia i privati for profit sia gli stessi enti non profit», chiosa il portavoce del Forum. Sarebbe una rivoluzione. «Mi rendo conto», conclude il ragionamento Olivero, «che questo non sia il momento più adatto per chiedere fondi a un settore come il nostro che sta sentendo forte il peso della crisi, ma forse qualche risorsa del 5 per mille potrebbe essere dirottata su questo fronte: d’altro canto non possiamo assistere inerti allo spegnimento del servizio civile».
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