Mondo
L’Islanda è libera, la Grecia è prigioniera
Due modi opposti di affrontare la bancarotta
di Redazione
La farsa del (finto) salvataggio della Grecia è approdata ad un nuovo scenario. L’accordo sugli aiuti per 130 miliardi di euro evita momentaneamente la bancarotta. Gli stessi addetti ai lavori precisano che sarà improbabile rivitalizzare il Paese e sanare i problemi strutturali. Traduzione: vi abbiamo lanciato l’ennesima corda di salvataggio ma ricadrete sempre nel baratro. Il premier greco si è detto «molto soddisfatto dell’accordo»; nessun problema che ad Atene si insedi una task force di osservatori per controllare il piano di risanamento e che occorrerà introdurre nella Costituzione una norma sulla priorità dei pagamenti. Gli va bene che il Paese venga commissariato e che si indichi in Costituzione a chi andranno i soldi?
Beh, 130 miliardi fanno comodo per rilanciare uno Stato di 11 milioni di persone dove il tasso di disoccupazione è salito al 20,9%, 126mila greci hanno perso il lavoro in novembre e altri 150mila statali saranno licenziati nel prossimo triennio, 60mila piccole aziende sono fallite e la produzione si trasferisce in Bulgaria. Ma no! Avete capito male, ad Atene non arriverà neanche un euro, che serviranno solo per pagare i debiti, rimborsare i titoli in scadenza alle banche straniere, pagare gli interessi e ricapitalizzare la banche.
Cinquemila chilometri più a nord qualcuno invece ce l’ha fatta ad uscire dal fallimento con una crescita annua dell’economia del 3% e un calo della disoccupazione al 6%. L’Islanda ha riscritto le regole della finanza, incriminato i banchieri, rifiutato i debiti causati dalle banche, svalutato la moneta facilitando la correzione degli squilibri e niente cessione di sovranità. Le famiglie, anche se ancora fortemente indebitate, sono state aiutate da un accordo governo-banche che ha cancellato parte dei debiti pari al 13% del Pil con uno straordinario percorso di coinvolgimento e di partecipazione dei cittadini alle decisioni. Brava Islanda.
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