Non profit
Vaciago: il servizio civile obbligatorio? Sarà la nuova fabbrica degli italiani
di Redazione
Passa per essere uno degli economisti più vicino al governo dei tecnici («in effetti nei dintorni di palazzo Chigi ho parecchi colleghi») e anche per questo la sferzata del professor (della Cattolica) Giacomo Vaciago a favore di un servizio civile obbligatorio punta a lasciare il segno. A farlo sbottare la prova molto poco onorevole che nell’ultimo scorcio di inverno siberiano ha dato di sé la Protezione civile. Ma nel mirino di Vaciago non finiscono tanto i più o meno improvvidi amministratori locali, ma i cittadini stessi: «La prima protezione civile è la loro, ma ormai lavorare in squadra, saper obbedire o dare input sono cose che non sappiamo più fare, che i nostri giovani non sanno più fare: i risultati sono sotto gli occhi di tutti». La ricetta? «Un bel servizio civile obbligatorio». L’adesione al Manifesto di VITA (vedi pagina a fianco) che ormai ha superato le 700 firme, viene di conseguenza.
Perché proprio il servizio civile?
Una volta c’era l’esercito, e comunque la si pensi era quella la fabbrica degli italiani. Oggi non c’è nulla. Non c’è più la leva obbligatoria e, se ti va bene, a scuola fai l’ora di ginnastica, che giustamente non hanno il coraggio di chiamare sport, perché fa bene alle gambe, ma non insegna a cooperare, a fare squadra. Così quando nevica, gli italiani non sanno fare altro che lamentarsi con il governo. Che a sua volta si lamenta con il sindaco, e di rimando il sindaco si lamenta con il governo. Facciamo ridere. Non c’è più lo stimolo a darsi da fare in autonomia. Sei mesi di servizio civile per i giovani, con richiami ogni cinque anni sul modello svizzero, aiuterebbero a creare un sistema in cui le persone vengono abituate a rimboccarsi le maniche senza lamentarsi.
Se fosse così si aprirebbe un enorme problema di spazio. Dove le mettiamo queste centinaia di migliaia di giovani?
Il Paese è pieno di caserme vuote. Basta togliere le attrezzature militari ed ecco grandi collegi in cui ospitare i giovani.
Per fargli fare cosa?
Guardi, anche solo farli marciare e insegnarli a prendere ordini sarebbe qualcosa. Poi la prima cosa è allenarli ad intervenire nelle emergenze, abituarli a fare esercitazioni, in modo che se cade qualche fiocco di neve sappiano come comportarsi.
Un servizio gratuito o prevede una diaria come quella in vigore oggi con il servizio civile nazionale?
Naturale che ci debbA essere un rimborso spese. Non voglio dare cifre, ma un riconoscimento è necessario. L’obiettivo è che al ragazzo non costi, ma nemmeno sia fonte di guadagno.
A chi dovrebbe spettare la gestione di un sistema di questo tipo, allo Stato centrale o alle Regioni?
L’organizzazione va progettata e pensata a livello nazionale, ma poi deve essere realizzata a livello locale. Un modello svizzero pensato per tutti e realizzato sui territori. L’obiettivo è che ciascuno sappia risolvere i propri problemi, ma in una logica di comunità nazionale. Una volta i portinai tenevano puliti i marciapiedi, oggi sì e no l’uscita del portone. Invece bisogna capire che ci sono dei momenti in cui lavori per il prossimo oltre che per te.
Lei ha fatto riferimento alle attività di protezione civile. Il servizio civile che ha in testa dovrebbe essere circoscritto a questo ambito?
Al contrario. Ogni comunità deve attrezzarsi per porre rimedio ai suoi temi sensibili. Io abito a Milano, dove la solitudine degli anziani sta diventando una vera e propria piaga sociale. Trovo incredibile che non ci sia una rete di protezione per queste persone. E invece in questo Paese spappolato in cui la famiglia non esiste più, dei nostri vecchi non si occupa nessuno, mentre i ragazzi perdono tempo al bar o davanti a un computer.