Non profit
Col non profit, il credito va sul sicuro
Il presidente di Banca Etica: è di gran lunga il settore più affidabile
di Redazione
Le nuove norme allo studio in Europa (Basilea III e le normative dell’Eba, l’Autorità bancaria europea) fanno di tutta l’erba un fascio e, nell’intento di regolamentare le grandi banche sistemiche che a livello globale hanno originato la crisi, finiscono con il penalizzare la banche piccole e radicate sul territorio che, invece, non hanno mai smesso di raccogliere risparmio per destinarlo al finanziamento di imprese reali e famiglie. Nel corso dell’audizione che ho avuto alla commissione Finanze della Camera dei Deputati il 15 febbraio scorso, ho sottolineato le peculiarità relative al credito a favore delle realtà del terzo settore, che rappresentano il comparto da cui Banca Etica è nata e a cui si rivolge principalmente. Uno studio recente della Banca d’Italia evidenzia come i soggetti del terzo settore (cooperative, fondazioni, associazioni e altre realtà senza scopo di lucro) rappresentino sempre più un comparto cruciale dell’economia italiana. Un settore che vale tra il 3 e il 5% del Pil e che dà lavoro oltre a 600mila addetti oltre a impiegare 3 milioni di volontari. Anche le banche italiane si stanno accorgendo di questo settore e oggi finanziano, nell’insieme, 23mila soggetti non profit per un valore complessivo di 10,7 miliardi di euro. L’esperienza di Banca Etica ? che da 13 anni finanzia esclusivamente famiglie e realtà del terzo settore ? e i dati dell’Abi confermano che le imprese sociali e il terzo settore mostrano un tasso di sofferenze (cioè di prestiti non rimborsati) nettamente inferiore a quello delle imprese tradizionali. Eppure, le normative continuano a considerarli tra i più rischiosi e impongono per il credito agli enti non profit i più elevanti parametri di assorbimento di capitale (pari al 100%). In pratica, gli enti non profit sono equiparati a una grande impresa senza rating. Questo si traduce inevitabilmente in maggiori (e non giustificati) costi di accesso al credito per il terzo settore. Come uscirne? Nel dettaglio Banca Etica ha avanzato queste proposte:
? Introdurre anche per le imprese del terzo settore (onlus, cooperative sociali) l’applicazione del PMI Supporting Factor (pari al 76,19%) fin dalla partenza della nuova normativa (gennaio 2013). Riteniamo infatti che il trattamento prudenziale oggi previsto sia fortemente penalizzante e, come sopra evidenziato, non rispecchi la rischiosità insita in tali intermediari. Il non intervenire avrebbe la conseguenza di imporre dei vincoli molto rigidi alla finanza etica, che pure registra, grazie alla conoscenza del cliente e al rapporto di fiducia che si instaura, dei tassi di sofferenza nettamente inferiori a quelli del mondo bancario tradizionale.
? In alternativa, un adeguamento del trattamento prudenziale relativo agli enti senza scopo di lucro alle più generali categorie di mercato al dettaglio (ponderazione al 75%) sarebbe perfettamente compatibile con i principi della vigilanza prudenziale.
? Proponiamo inoltre di azzerare l’assorbimento di capitale per le operazioni di anticipo di crediti verso la pubblica amministrazione da parte di organizzazioni del terzo settore. Questo avrebbe il doppio vantaggio di dare maggiore ossigeno alle banche che intendono, come Banca Etica, continuare a sostenere il terzo settore e consentirebbe alla pubblica amministrazione di continuare ad avere degli outsourcer che hanno dimostrato la loro professionalità nel tempo. In assenza di correttivi, diverse imprese sociali potrebbero rimanere “strozzate” e la pubblica amministrazione si troverà a dover reinternalizzare tali attività accrescendo la spirale del debito pubblico.
? Riteniamo anche opportuno riconsiderare i termini di 90 giorni entro cui considerare scaduto un prestito, tenendo conto dei drammatici ritardi nei pagamenti da parte della PA di cui gran parte degli enti non profit sono creditori. Proponiamo che venga valutata la fattibilità di prevedere che, in modo permanente, i prestiti relativi a portafogli retail, al terzo settore e ad enti del settore pubblico, possano essere considerati scaduti dopo 180 giorni, invece che a 90 giorni.