Non profit

Mamme, imparate dalle mense

di Redazione

«Il cibo spazzatura? Non esiste cibo spazzatura. Ci sono le materie prime, che non sono mai spazzatura. E poi c’è l’uomo, che quando maneggia male le materie prime, le rende spazzatura. L’uovo le sembra cibo spazzatura? Certo che no. Però, se l’uovo lo faccio fritto in padella, e tutti i giorni mangio uova fritte mattina e sera, ecco che parliamo di cibo spazzatura». È netto Giorgio Calabrese, docente di Dietetica e Nutrizione umana all’Università del Piemonte Orientale e “volto noto” di varie trasmissioni tv, nel porre un discrimine in tema di corretta alimentazione proprio nei giorni in cui torna in discussione il tema del junk food, di una possibile tassazione degli alimenti che causano obesità, e di un’educazione alimentare che in Italia, il Paese della buona cucina, arranca. Un’incuranza degli adulti che si ripercuote sui figli, salvo poi correre ai ripari quando spesso è troppo tardi.
«Nelle famiglie l’equilibrio alimentare ? vuoi perché le mamme sono sempre di fretta, vuoi perché non c’è più la cultura della tavola ? è andato un po’ a farsi benedire. Unico baluardo di garanzia per i bambini sono le mense scolastiche, dove i menù sono stabiliti da nutrizionisti competenti, e l’equilibrio alimentare è garantito».
Per re-imparare a far mangiare in modo sano i propri figli, insomma, sarebbe forse utile mandare a scuola i genitori, a lezione di “cultura dell’equilibrio tra alimenti”. «In realtà, il più grande valore della dieta all’italiana è proprio quello dell’equilibrio, di essere una dieta già di per sé bilanciata, da sempre. Non serve inventarsi niente di nuovo», sottolinea Luigi Scordamaglia, ad di Inalca (Gruppo Cremonini) e vicepresidente di Federalimentare. Il quale, più che rimandare i genitori a una speciale scuola di alimentazione per evitare di trasformare i buoni cibi in spazzatura, insiste sulla necessità di una più diffusa informazione di base sul cibo.
«Prendiamo un tema che seguo quotidianamente, dal momento che Inalca è leader in Italia e in Europa, con 100mila tonnellate di produzione all’anno: quello degli hamburger». Sinonimo di mangiare “all’americana”… «Esatto, questo misunderstanding è un grande classico. Si pensa all’hamburger come a qualcosa che sta fuori dalla nostra cultura alimentare… errore. Il nostro hamburger di vitello viene fatto utilizzando esclusivamente le parti muscolari, magre, del quarto anteriore del vitello. In termini di valori nutrizionali è carne del tutto identica ? per dire ? alla celebratissima “fiorentina”, solo che la fiorentina è un taglio del quarto posteriore. Lo stesso taglio con cui si fanno gli hamburger, per dire, è quello utilizzato per il bollito, per lo stracotto, con la differenza che la lunga cottura del bollito gli fa perdere valore nutrizionale, mentre l’hamburger la conserva intatta. Solo che tutte queste cose non si sanno, e così l’hamburger si trova ? almeno nell’immaginario collettivo ? nelle condizioni di un nobile decaduto».
Portando l’esempio sul fronte delle carni, Scordamaglia sa di andare a toccare un altro tema di grande dibattito, quando si parla di alimentazione e soprattutto di educazione alimentare. Quello della nouvelle vague vegetariana, un’abitudine alimentare che tanti genitori tendono sempre più a “tramandare” anche ai propri figli.
«Non entro nel merito delle scelte personali», premette il manager, «ma mi limito a riportare un dato significativo: in Italia abbiamo un consumo di carne bovina pari al 25% della dieta alimentare, uno dei dati più equilibrati del mondo. Vuol dire che gli italiani, senza fare scelte estreme o esclusive, sanno come bilanciare bene quel che mettono nel piatto ai loro figli».

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