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Prodotti terremotati: tutto esaurito al mercatino

Il primo mercato di Campagna Amica organizzato da Coldiretti, nel centro di Bologna, per le aziende agricole colpite dal terremoto è stato un successo.

di Redazione

Dal Parmigiano al miele, dai latticini ai meloni per non parlare di fiori, salumi tipici e Lambrusco: tutto esaurito. Sono andati letteralmente a ruba i prodotti messi in vendita dalle aziende agricole colpite dal terremoto che hanno partecipato al primo mercato di Campagna Amica, dedicato loro da Coldiretti a Bologna. Italiani e turisti si sono messi in fila per acquistare i prodotti salvati dal sisma. Per esempio l’azienda articola Ferrarini di Mirandola (MO) a metà giornata aveva terminato fagiolini e cipolle, mentre l’azienda Toaldo di Novellara (RE) all’ora di pranzo aveva venduto tutti i tranci di Parmigiano e i salumi, lo stesso per i formaggi di pecora dell’azienda Valbona di Sant’Agata Bolognese.
 
Una dimostrazione concreta di solidarietà per aiutare la ripresa di un territorio dove si produce quasi il 10% dell’agricoltura italiana e dal quale partono verso l’Italia e il resto del mondo le più prestigiose produzioni agroalimentari nazionali, dal Parmigiano Reggiano all’aceto balsamico di Modena, dal prosciutto di Parma fino al Lambrusco. Il successo dell’iniziativa – sottolinea la Coldiretti – è un incoraggiamento importante sul piano umano ed economico per gli agricoltori che si sono rimboccati le maniche per ripartire con il proprio lavoro in grado di avere anche un impatto positivo sul piano sociale ed ambientale per il territorio colpito.
 
Coldiretti, da parte sua osserva che tuttavia, non mancano le difficoltà, denunciate da molte aziende a cominciare dalla necessità di semplificare le norme urbanistiche di riparazione e di ricostruzione degli edifici rurali per i quali, a differenza di quanto previsto per le strutture industriali, si applicano le norme “ordinarie” che ovviamente non tengono conto della necessità di ricostruire nel modo più celere e adeguato possibile per ripartire subito. L’intenzione degli imprenditori di riavviare al più presto l’attività viene anche limitata – precisa la Coldiretti – dalla difficoltà di ottenere finanziamenti in quanto le banche non fanno prestiti ad aziende che magari avevano già dei mutui per investimenti che sono andati distrutti dal sisma e quindi in mancanza delle garanzie pubbliche promesse non possono darne altre. I contributi in conto capitale sono fondamentali per poter avviare l’attività di ricostruzione o di messa in sicurezza di magazzini e laboratori di lavorazione della frutta perché molte aziende non hanno oggi a disposizione i locali dove lavorare e devono ricorrere a strutture in affitto fuori provincia, con conseguente aggravio dei costi. I problemi sono amplificati dal caldo che riduce la conservabilità dei prodotti ma tra le preoccupazioni principali per le campagne c’è anche il problema della sicurezza del territorio.
 
Segnali importanti sono invece venuti – sostiene la Coldiretti – dall’ultima delibera del Cipe con la quale,grazie all’impegno del ministro delle Politiche Agricole Catania,  sono stati stanziati circa 52 milioni di euro di fondi per le imprese agricole colpite dal terremoto e sono state semplificate le procedure di riprogrammazione dei fondi dei Programmi di sviluppo rurale (Psr), per consentire cosi alle Regioni un'attuazione piena ed efficiente.

A causa del terremoto si stimano danni complessivi per 705 milioni di euro all'agroalimentare in Emilia e Lombardia. Ai circa 400 milioni di euro di danni provocati alle strutture agricole (fienili, stalle, magazzini) si aggiungono 70 milioni necessari per garantire la sicurezza al territorio riportando alla normalità gli impianti idrovori, irrigui, di scolo e di irrigazione fortemente lesionati. Con una stima di 150 milioni di euro di danni il sistema del Parmigiano Reggiano è in cima alla triste classifica dei prodotti più danneggiati dal sisma seguito da vicino dal Grana Padano che accusa un colpo da 70 milioni di euro e dall’aceto balsamico che conta perdite per 15 milioni di euro, secondo la Coldiretti.
Le imprese che operano in questi settori hanno solo la possibilità di scegliere se chiudere o ripartire poiché le uniche attività che certamente non saranno delocalizzate sono proprio quelle legate all’agricoltura e ai suoi prodotti tipici, dal parmigiano al grana, dall’aceto balsamico tradizionale alle pere tipiche, la cui produzione non può avvenire per legge al di fuori del territorio delimitato dai disciplinari di produzione approvati dall’Unione Europea.
 

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