Non profit

Fondazioni: le bordate (a vuoto) della Voce.info

Il direttore dell'Acri Giorgio Righetti ribatte punto su punto all'attacco degli economisti Tito Boeri e Luigi Guiso. In allegato il Manifesto promosso da Vita

di Redazione

Il fuoco contro le Fondazioni di origine bancaria non si placa. A riaccendere la miccia ci hanno pensato in questi giorni due quotatissimi economisti della Voce.info, Tito Boeri (in foto) e Luigi Guiso, che hanno  ripreso a piene mani un recente studio di Mediobanca. Obiettivo: dimostrare nell’ordine che:

  1.  le Fob (fondazioni di origine bancaria) «hanno una scarsissima diversificazione del proprio portafoglio, investito in una singola istituzione (la banca di riferimento, ndr), mentre sparpagliano i loro interventi a tutto campo.
  2. Solo l’1 per cento dei membri dei CdA ha competenze di finanza.
  3. Le Fondazioni sono oggi di fronte a un bivio. O si separano dalle banche e diventano enti morali, con una missione di pubblica utilità ben definita, oppure meglio rimettere mano alla legge e destinare il loro patrimonio alla riduzione del debito pubblico.

Tre bordate a cui ha prontamente risposto sempre dalle stesse colonne, il direttore dell’Acri Giorgio Righetti.

  1.  Premesso che le Fob si attengono ai dispositivi normativi e non esistono casi di violazione della legge, della quale consigliamo una lettura più approfondita, quello che sorprende è l’“indignazione” nei confronti delle Fob per aver partecipato agli aumenti di capitale delle banche. Come se aver contribuito, in una situazione a dir poco drammatica come quella attuale, a sostenere le banche italiane evitando l’intervento pubblico con i soldi dei contribuenti, fosse un delitto.
  2. Sulla base dello studio “Governance e perfomance nelle fondazioni di origine bancaria” dell’università di Padova del 2010, il 15,6 per cento dei componenti il consiglio di amministrazione hanno competenza di carattere finanziario e non l’1 per cento come sostiene Mediobanca.
  3. Due le alternative senza appello dei “nostri”: o le Fob si separano dalle banche o si destina il loro patrimonio alla riduzione del debito pubblico. La prima soluzione manca di previsioni circa l’effetto di questa operazione: chi metterebbe le risorse nelle banche al posto delle Fob non è dato sapere. Riguardo alla seconda soluzione, lasciamo volentieri la risposta ai tanti soggetti del volontariato, del terzo settore, del mondo della ricerca e della cultura, a coloro che assistono anziani, disabili, ragazzi svantaggiati, detenuti, alle imprese culturali giovanili, al mondo della cultura e della ricerca, così come hanno già fatto firmando recentemente il manifesto “Fondazioni di origine bancaria. Una risorsa delle comunità” (testo promosso da Vita che potete leggere in allegato).
     

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