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SaD: liberiamoci dal fundraising

L'inchiesta di Vita ha aperto il dibattito. Ci scrive Paola Gumina, presidente del coordinamento La Gabbianella

di Redazione

Gentile direttore,
la Gabbianella ha apprezzato l’attenzione prestata al tema del Sostegno a distanza  su“Vita” di Giugno 2012  a firma di  Sara De Carli. Vorremmo dare, alla luce dei nostri ormai quasi 15 anni di attività come Coordinamento nazionale delle piccole e medie associazioni che si occupano di SaD, un contributo al tema.  
 
La fine del SaD?
Recentemente ci siamo interrogati con alcune associazioni sul fenomeno della progressiva diminuzione dei SaD e ci siamo chiesti: “Gli occhi compassionevoli della solidarietà stanno per chiudersi?”. Abbiamo cominciato a dare una risposta: certamente no, ma non possiamo neanche far finta di non vedere che già da qualche anno, soprattutto in quello passato, Anno del Volontariato Europeo, le palpebre sono diventate pesantissime. È inutile nasconderlo: le risorse finanziarie private e pubbliche per l’associazionismo solidale stanno diminuendo sensibilmente e gli esperti del Terzo Settore sono in allarme, mentre quasi tutti gli addetti ai lavori sostengono che si salverà soltanto chi si innoverà e guarderà lontano, chi saprà essere creativo, chi farà rete e saprà seguire i cambiamenti che interessano il nostro settore.

Noi, e parliamo a nome delle piccole e medie associazioni iscritte a La Gabbianella, per sopravvivere e quindi continuare a fare quello che facciamo da tanti anni, non abbiamo bisogno di molto, ma di qualcosa sì! E per garantirci questo qualcosa siamo tutti diventati, se possibile, più prudenti di quanto non lo siamo stati nel passato, abbiamo accentuato la propensione al risparmio e alla razionalizzazione dei progetti e abbiamo scoperto una cosa nuova che abbiamo chiamato “la nostra decrescita felice”, ovvero spendere di meno e fare meglio e di più per i progetti scegliendo di sostenere e favorire, laddove è possibile, l’autosviluppo piuttosto che lo sviluppo.

Tornare alle origini
Le situazioni di grande difficoltà possono distruggere o dare delle opportunità: riconsiderare valori e priorità, riorganizzare la propria vita, ricercare operatività nuove e positive, capire che la solidarietà non è un bene di consumo qualsiasi, piuttosto un valore aggiunto alla nostra vita e consiste in una predisposizione personale non legata all’entusiasmo del momento, all’onda emotiva di un avvenimento o alla contingenza economica del periodo (SMS solidali), né tantomeno può essere una scelta estemporanea suggerita dalla pubblicità che spesso spettacolarizza il dolore, cosa ben diversa dall’informazione responsabile e corretta. È di quest’ultima che abbiamo bisogno.
 
Meno fundraising, più relazioni

Abbiamo, tutti, la possibilità di liberarci di strutture e sovrastrutture, spesso lecite ma inutili, elaborate ad hoc per trovare denaro, suggerire e sostenere ambizioni personali, stimolare involontariamente comportamenti sconvenienti. Vuol dire anche arieggiare l’atmosfera che minaccia il mondo della solidarietà, a volte soffocato dal fumo delle chiacchiere, dal proliferare delle idee velleitarie e da progetti e iniziative sterili. Cosa possiamo fare noi? Intanto possiamo dire che nelle nostre associazioni, che ancora si basano prevalentemente sul volontariato, risiedono, si esprimono e si ricostruiscono, per quel che è possibile, i meccanismi che disciplinano atteggiamenti e valori utili per attenuare i comportamenti individuali dettati dall’egoismo autoreferenziale. Insomma, nell’impegno di questo tipo di associazionismo, ci sono amore, speranza e risultati: si tratta della concretizzazione della volontà operativa ed etica delle persone che aderiscono alla forma di solidarietà Sostegno a Distanza. Amore, speranza e risultati che sono di esempio e che occorre far conoscere, far crescere, accompagnare e valorizzare. Oltretutto, e noi non lo dimentichiamo, non esiste una sola metodologia di lavoro e, purtroppo, si continua nel vezzo culturale di mutuare linguaggi inusuali per il mondo della solidarietà che sempre più rischia di deteriorarsi e confondersi con quello commerciale. Quest’ultimo sì, legittimamente, predisposto per scelta non alla crescita degli “altri” ma di se stesso e della propria realtà organizzata che deve produrre lucro.
 
Noi dobbiamo essere diversi. Non sarebbe forse male richiamare e seguire, sempre e comunque, i valori fondanti della nostra scelta di vita: il volontariato, senza lasciarsi confondere da una esagerata professionalizzazione troppo spesso di facciata. Potremmo portare, a testimonianza di tutto quanto sopra, i risultati dei progetti  delle tante associazioni che aderiscono a La Gabbianella e che incidono positivamente in molte realtà dei Paesi in via di sviluppo. Ci auguriamo che il nostro contributo possa avere uno spazio adeguato nel suo giornale e cogliamo l’occasione per inviare i migliori saluti
 
Paola Gumina
Presidente La Gabbianella

 

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