Mondo
Per 222 milioni di donne un figlio non è una scelta
Presentato oggi lo "Stato della popolazione nel mondo, 2012". Rendendo accessibile a tutte le donne la pianificazione familiare, si eviterebbero 26 milioni di aborti e si farebbe calare del 46% la mortalità infantile. Più un risparmio di 5,7 miliardi di dollari
di Redazione
«Tutti i paesi dovrebbero impegnarsi per rispondere nel più breve tempo possibile ai bisogni di pianificazione familiare di tutti i loro cittadini e dovrebbero cercare, in ogni caso entro il 2015, di garantire l’accesso universale a tutta la gamma dei metodi sicuri e affidabili di pianificazione familiare e ai relativi servizi di salute riproduttiva, che non siano contro la legge. Lo scopo dovrebbe essere quello di aiutare le coppie e i singoli a realizzare i loro obiettivi riproduttivi, e a dar loro tutte le opportunità perché possano esercitare il loro diritto di avere figli per scelta»: così recita il Programma d'azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo, che si è tenuta al Cairo nel 1994.
Quasi vent’anni dopo, in realtà, ancora 222 milioni di donne non hanno le informazioni per poter decidere il numero dei propri figli. Lo rivela oggi lo Stato della popolazione nel mondo, 2012. “Per scelta, non per caso: pianificazione familiare, diritti umani e sviluppo” (in allegato), un rapporto pubblicato da UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, la cui edizione italiana è stata curata da AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo. Il rapporto è stato presentato questa mattina.
26 milioni di aborti in meno – Degli 80 milioni di gravidanze indesiderate che si prevedono nel mondo per il 2012, si stima che 40 milioni possano finire con l’aborto: secondo il Rapporto, affrontare il bisogno insoddisfatto di pianificazione familiare in tutto il mondo eviterebbe almeno 54 milioni di gravidanze indesiderate nel mondo e 26 milioni di aborti. La pianificazione familiare infatti «è un fattore determinante per l’obiettivo di “generare un mondo dove ogni gravidanza sia desiderata, ogni parto sia sicuro e il potenziale di ogni giovane si possa realizzare”, una frase che è diventata quasi un mantra per UNFPA e le Organizzazioni non governative che lavorano nel settore della salute sessuale e riproduttiva, come AIDOS, ha detto Daniela Colombo, Presidente di AIDOS. In Sri Lanka per esempio si sono viste le più drastiche diminuzioni nelle percentuali di mortalità materna si sono verificate in corrispondenza con la diminuzione della fecondità.
Nel mondo – Le donne che non hanno accesso alla pianificazione familiare vivono soprattutto nei paesi più poveri, in particolare nell’Africa sub-sahariana, dove più di metà della popolazione vive con meno di 1,25 dollari il giorno e dove la popolazione cresce del 2,4 per cento l’anno e che quindi potrebbe triplicare in questo secolo, raggiungendo i 3,6 miliardi di persone nel 2100. Per Giulia Vallese, rappresentante dell’Unfpa, «una pianificazione familiare volontaria, libera da ogni discriminazione e violenza, è anche che è uno degli investimenti più importanti che si possano fare: per la salute, per l’educazione, per i diritti delle donne, e per i percorsi di vita dei giovani. Un approccio informato alla pianificazione familiare basato sui diritti sessuali e riproduttivi è l’intervento più efficace dal punto di vista del rapporto costi/benefici, per affrontare la mortalità e la morbidità materne».
I giovani dei paesi industrializzati – Il rapporto non si focalizza solo sul bisogno di informazioni nei paesi poveri. Uno dei focus sono i giovani: in generale, infatti, nel mondo, c’è un aumento della diffusione dei rapporti pre-coniugali tra i giovani e nei paesi maggiormente industrializzati è aumentato nettamente il numero di anni che passa tra il primo rapporto e la prima convivenza stabile (due anni per le ragazze, dai tre ai sei per gli uomini): questo – sottolinea il rapporto – ha delle implicazioni per i rischi per la salute sessuale e per le esigenze dei giovani, soprattutto per le ragazze in età scolastica.
I vantaggi – Il rapporto si concentra quest’anno sugli effetti a 360 gradi che un’adeguata informazione in materia di contraccezione potrebbe avere, con tanti casi studio concreti. In Colombia il calo della fecondità prodotto dal programma di pianificazione familiare Profamilia è stato associato a circa 0,15 anni in più di istruzione. Uno studio in Bangladesh ha evidenziato ad esempio che le donne che hanno usufruito della pianificazione familiare hanno guadagnato salari più alti di un terzo rispetto a donne che non ne avevano beneficiato. Mentre un’altra ricerca ha dimostrato, in generale, che mettere degli intervalli di 3-5 anni fra le gravidanze potrebbe ridurre la mortalità infantile del 46%. Sul fronte dei diritti delle donne, quando la fecondità diminuisce aumenta l’importanza del capitale umano per l’economia, e gli uomini sono più disponibili a condividere il potere con le donne per garantire una miglior educazione dei figli, poiché sono le donne quelle che più investono nel capitale umano dei figli. In questo modo aumenta il loro potere contrattuale sulle decisioni che riguardano la famiglia. «Il rapporto dimostra che la pianificazione familiare ha un effetto moltiplicatore positivo sullo sviluppo», ha sottolineato Vallese nel suo intervento.
I fondi necessari – «Se la comunità internazionale investisse 8,1 miliardi di dollari l'anno (tanto è la cifra stimata per soddisfare il bisogno complessivo di accesso a una pianificazione familiare, ossia il doppio degli investimenti attuali, ndr), si potrebbe assicurare l’accesso a tutti quanti lo desiderano, permettendo così a tanti milioni di persone di poter scrivere la loro storia sulla base di scelte di pianificazione familiare volontarie. Investendo nei servizi moderni di contraccezione nei paesi in via di sviluppo, si stima che il mondo risparmierebbe 5,7 miliardi di dollari in servizi di salute materna e neonatale».
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