Non profit
La crisi fa esplodere i Neet
La crisi economica ha portato un sostanziale peggioramento degli indici segnalati nel Rapporto Bes Istat - Cnel. Tra i dati del rapporto sul Benessere equo e sostenibile in Italia anche l'aumento dei giovani che non lavorano e non studiano: i Neet
di Redazione

Il perdurare della crisi economica negli ultimi cinque anni sta mostrando i limiti del modello italiano in cui la famiglia ha sempre svolto un ruolo di ammortizzatore sociale. In Italia, per esempio, negli ultimi cinque anni il potere d’acquisto è crollato del 5%. Inoltre, nel 2011, il perdurare della crisi ha portato a un deterioramento della situazione come conferma l’indicatore della “grave deprivazione” aumentata di 4,2 punti percentuali passando dal 6,9% all’11,1%. In pratica in un anno le persone in difficoltà economica sono arrivate a 6,7 milioni, aumentando dal 2010 al 2011 di ben 2,5 milioni.
A fornire questi dati è il Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) realizzato da Istat e Cnel. Nel sottolineare i duri effetti della crisi sui giovani il rapporto Bes segnala anche un altro sintomo di malessere con il balzo in avanti dei Neet (Not in Education, Employment or Training) cioè i giovani tra i 15 e 29 anni che non lavorano e non studiano che tra il 2009 e il 2011 sono passati dal 19,5% al 22,7%. Il rapporto segnala inoltre che permangono ampie differenze territoriali: i giovani che non studiano e non lavorano (Neet) nel Mezzogiorno d’Italia sono il 31,9: il doppio del Nord dove sono il 15,4%
Nel 2011 il tasso d'occupazione per la classe 20-64enni è sceso al 61,2%, dal 63% del 2008. Nell'Ue a 27 presentano un tasso ancora più basso dell'Italia solo l'Ungheria e la Grecia. E ciò è dovuto soprattutto alla scarsa occupazione che si registra tra le donne italiane, il cui tasso non raggiunge il 50%. Sul fronte dell’occupazione, inoltre, l’Italia è il paese Ue che dopo la Spagna presenta la più forte esclusione dal lavoro dei giovani e l’unica in cui un’itera macro-regione assicura bassissime opportunità di occupazione regolare. Le diseguaglianze, infatti, rimangono cospicue a svantaggio delle donne, dei giovani e del Mezzogiorno.
Tra gli indicatori forniti vie è anche quello relativo alla fiducia verso le istituzione che ha registrato nel marzo dello scorso anno il dato peggiore di una sfiducia trasversale: in una scala da 0 a 10 la fiducia nei partiti si ferma a 2,4, poco sopra il Parlamento con 3,6. Votazioni basse anche per le amministrazioni locali (4) e la giustizia (4,4). In questo generale quadro di sfiducia verso la politica e le istituzioni si “salvano” le forze dell’ordine con i Vigili del Fuoco che arrivano a 8,1.
In questa situazione non poteva che peggiorare anche la percezione del proprio benessere soggettivo. Fino al 2011 quasi la metà degli italiani (over 14 anni) dichiarava elevati livelli di soddisfazione per la propria vita con voti tra l’8 e il 10, nel 2012 però i segnali di disagio, crisi e insicurezza ha fatto crollare il numero di quanti indicano un alto livello di soddisfazione per la propria vita. A essere complessivamente soddisfatto resta il 35,2% degli italiani, nel 2011 era il 45,8%.
GUALACCINI: «IL BES PUO' DIVENTARE UNO STRUMENTO UTILISSIMO»
A margine della presentazione il Coordinatore dell’Osservatorio sull’Economia sociale del Cnel e membro del Comitato di indirizzo Bes, Cnel-Istat, Gian Paolo Gualaccini, ha osservato che “Il Bes può diventare un’innovazione di grande importanza per il nostro paese in quanto apporta un notevole incremento di conoscenza che può rindirizzare il dibattito pubblico e politico sui nodi reali e sulle risorse che l’Italia può offrire per ritornare a crescere come paese. Un esempio concreto ci viene dal dominio delle relazioni sociali, in un momento in cui la coesione sociale è messa a dura prova dagli effetti della crisi economica finanziaria.
Dai dati ne esce un’immagine di un paese in sofferenza con poca fiducia generalizzata, ma anche con una forte rete di solidarietà che ha saputo resistere e incrementare la propria presenza nonostante la recessione economica e politica".
Continua Gialaccini: "Aumentano le attività di volontariato e gli aiuti gratuiti dati alle persone in difficoltà. Le reti “corte” (cioè vicine ai bisogni) e “strette”, come quelle familiari e amicali, o come quelle delle organizzazioni di volontariato non profit, si consolidano andando in controtendenza rispetto al clima dominante. Si tratta per l’associazionismo e il volontariato di un giacimento sorprendente di energie per l’Italia che anche i dati preliminari dell’appena concluso censimento delle Istituzioni non profit dell’Istat danno in aumento (235.000 istituzioni non profit censite nel 2001 rispetto alle 474.000 della lista pre-censuaria dell’attuale censimento). Il censimento delle Istituzioni non profit incrementerà la consapevolezza dello stesso universo non profit e vedrà documentata non solo la propria consistenza numerica ma anche gli effetti che questa ha sul benessere dell’intero paese.”
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