Non profit

Come misurare l’impatto economico

L'articolo di Gian Paolo Gualaccini e Christian Bonafede che è stato pubblicato su “Statistica e sociale” guarda alle esperienze inglesi e americane con cui si finanziano progetti non profit per i Neet

di Redazione

Il non profit e il suo valore economico e sociale difficile da misurare
In tempi di crisi e spending review diviene doveroso per il non profit dare valore ai passi della sua crescita e dare una misura adeguata alla sua efficacia. Una priorità quella della misurazione del valore economico che già L. M. Salamon un paio di anni fa, riferendosi al mondo del volontariato, motivava con estremo realismo constatando che “nel nostro mondo ciò che non viene contato, si pensa semplicemente che non conti”. Oggi l’invito di Salamon può essere allargato, senza alcuna difficoltà, all’intero universo del non profit. La costellazione multiforme delle organizzazioni di Terzo settore in Italia, infatti, pur avendo quasi raddoppiato la propria consistenza e la propria efficacia nell’ultimo decennio – come verrà confermato dagli ormai prossimi risultati del Censimento non profit dell’ISTAT -, rischia di rimanere a margine dell’attenzione dei governi nazionali occupati, affannosamente, nell’esercizio di far tornare i conti. I recenti provvedimenti che prevedono in Italia l’aumento dell’IVA dal 4% al 10% per le cooperative sociali e l’estensione dell’IMU anche al non profit, sono due segnali chiari del nuovo difficile contesto. Poco importa se probabilmente queste proposte, dal momento che e se verranno attuate, costeranno al Paese Italia molto più di quanto giovino nell’immediato alle casse dello Stato. Risulta evidente che senza un’adeguata traduzione in termini economici e sociali  dell’attività del non profit sarà sempre più arduo –  se non impossibile –  difenderne il valore aggiunto complessivo: economico, sociale e culturale. M. Musella e M. Santoro, nel numero precedente di Statistica & Società, hanno mostrato in modo molto pertinente alcuni limiti nell’applicazione dei metodi analizzati dall’ISTAT e dall’ILO  , cimentandosi in un esercizio di misurazione del lavoro volontario a Napoli. L’ottimo lavoro dei due ricercatori evidenzia come, attualmente, sia attraverso la misurazione degli output del lavoro volontario, sia attraverso la quantizzazione dell’input “lavoro”, si finisca per  sottostimare gravemente la resa economica del volontariato. È perciò più che mai necessario un nuovo impegno della ricerca verso un’analitica riflessione sugli output prodotti dal volontariato – come dalle altre tipologie del non profit – e sulle esternalità che questo contribuisce a generare come beni relazionali emergenti.

Una nuova modalità per misurare l’impatto socio-economico del non profit e quindi investire su di esso
Dal mondo anglosassone arriva notizia di alcuni importanti strumenti finanziari che necessitano proprio di una più precisa misurazione dell’efficacia del non profit per poter funzionare e che costituiscono quindi un incentivo ulteriore oltre che un avanzamento di riflessione. Un’innovazione che apporta sviluppi interessanti per le politiche di welfare è rappresentata dai Social Impact Bonds (SIBs) per la prima volta sperimentati dal governo Cameron in Gran Bretagna.  Per raccogliere finanziamenti privati da destinare alla realizzazione di progetti di pubblica utilità, affidati ad organizzazioni non profit, sono stati costruiti i SIBs quali strumenti finanziari innovativi utilizzati da soggetti pubblici (Stato, enti locali, agenzie governative). I SIBs sono fondi che operano per un periodo di tempo determinato – come le tradizionali obbligazioni-, il cui rendimento risulta però legato al raggiungimento di determinati risultati in termini di “benessere sociale” stabiliti al momento dell’emissione. I SIBs hanno il merito di attivare un circuito virtuoso tra Stato, investitori privati, organizzazioni non profit e cittadinanza, grazie al quale ognuno di questi ne può ricevere vantaggi. Le istituzioni statali appoggiandosi a organizzazioni che già svolgono attività in ambiti caratterizzati da forti disagi sociali possono avvalersi di un know how di cui non sono direttamente dotate. Inoltre l’ente Stato deve corrispondere alla somma investita (più eventuale premio) solo nel momento in cui il programma di intervento sociale abbia raggiunto gli obiettivi prefissati. In caso di insuccesso quindi lo Stato non copre l’investimento effettuato dai privati.

L’esempio del Presidente Usa Barack Obama che investe sull’impatto socio-economico del non profit
Le straordinarie potenzialità dei SIBs come strumento per rilanciare le politiche sociali in tempi difficili per la finanza pubblica non sono passate inosservate Oltreoceano dove anzi hanno trovato ascolto nella sensibilità social, del presidente Barack Obama e del suo team. Per comprendere la portata di questa affinità basta dare un’occhiata al ruolo rivestito dal non profit nel Bilancio dello Stato 2014 proposto dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama . Il non profit rappresenta per Obama “una rete di sicurezza per i più bisognosi”, “un motore economico per la creazione di posti di lavoro” e soprattutto “un incubatore di innovazione” che può favorire soluzioni ad alcune delle sfide più difficili per la Nazione americana. Proprio in questo senso la proposta del Governo USA non è generica, bensì è attenta a incentivare le organizzazioni non profit capaci di rispondere efficacemente ai bisogni sociali, di misurare la propria efficacia e di innovare. In questo contesto va inserita la sperimentazione e lo sviluppo dei Social Impact Bonds, che nella versione americana hanno assunto il nome di Pay for Success Bonds (PSBs), da parte del Governo americano grazie anche al lavoro del Center for American Progress che sta portando avanti lo studio e  sta curando la sperimentazione di questo nuovo promettente modello di finanza per il sociale. Lo stesso Obama ha proposto la creazione di un Pay for Success Incentive Fund presso il ministero del Tesoro americano, riservato ai singoli Stati, vincolati a distribuire i fondi esclusivamente “alle associazioni che rispondano a determinati requisiti di efficienza ed efficacia”, visto che “i fondi vengono erogati infatti soltanto dopo che i risultati concordati vengono raggiunti, e se si dimostra che l’azione del non profit ha fatto risparmiare soldi pubblici” . La versatilità di questo strumento è dimostrata anche dal fatto che esperienze simili si sono sviluppate spontaneamente a livello locale, prima della approvazione delle misure decise a livello centrale. Il caso più significativo e che ha generato maggiore risonanza ha coinvolto il governo della città di New York e il colosso finanziario Goldman Sachs, che ha deciso di investire più di 9 milioni di dollari in un progetto affidato al non profit per il recupero di giovani detenuti della struttura carceraria di Rikers Island. Alla stregua di quanto fatto dal ministro della giustizia inglese, il rendimento dell’investimento effettuato dal colosso privato dipende dal raggiungimento dell’obiettivo, che in questo caso corrisponde a una diminuzione del tasso di recidiva dal 10%  a crescere. Sicuramente questi sono esempi che, mutatis mutandis, anche il nostro Paese farebbe bene a prendere in considerazione.

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