Mondo
A Dacca le aziende occidentali pensano solo alla fuga
Dopo il crollo della fabbrica Rana Plaza, con 1129 morti, le aziende occidentali, tra cui l’italiana Benetton, non hanno messo in campo alcuna compensazione. E intanto gli operai si scontrano con la polizia
di Redazione

Dacca (Bangladesh) – Gli operai delle fabbriche di abbigliamento si sono scontrati con la polizia ieri in Bangladesh, nel corso di proteste per la richiesta di stipendi più alti.
Il direttore della polizia industriale, Mustafizur Rahman, ha spiegato che almeno cento fabbriche sono state chiuse nelle aree di Ashulia e Savar, alla periferia della capitale Dacca, per evitare ulteriori violenze dopo lo scoppio degli scontri nella mattinata locale di oggi.
Rahman non ha dichiarato se ci siano stati dei feriti, ma una stazione televisiva sostiene che ce ne siano 30. Gli operai protestano perché vogliono uno stipendio minimo di 8.114 taka, pari a cento dollari. Una commissione del governo aveva approvato la settimana scorsa un aumento a 5.300 taka, pari a 66,25 dollari, ma la proposta è stata rifiutata dai proprietari delle fabbriche. Anche se rappresenterebbe un aumento del 77%, con uno stipendio minimo di 66,25 dollari gli operai del Bangladesh sarebbero comunque i meno pagati al mondo.
Sei mesi dopo la tragedia del Rana Plaza, la fabbrica di indumenti crollata in Bangladesh il 24 di aprile, i suoi 1.129 morti ancora non trovano pace. L’irlandese Primark è l’unica dei tanti brand occidentali riforniti ad aver previsto una compensazione finanziaria per i feriti e i familiari dei morti.
La catena di abbigliamento ha annunciato il pagamento di tre mesi di salario, che vanno ad aggiungersi alle sei mensilità già erogate e ai piani per una compensazione a lungo termine il prossimo anno.
Ora tocca alle altre catene fare la loro parte, dice l’azienda.
Alcuni, come l’italiana Benetton e la spagnola El Corte Inglés starebbero predisponendo un fondo di compensazione. Ma, per ora, sono solo parole.
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