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Ricci: “Mi colpisce l’umiltà del Papa, ricorda don Gallo”

Alcuni passaggi dell’intervista al papà di “Drive in” e “Striscia la notizia”, che verrà pubblicata sul numero di Vita di gennaio. L’autore più popolare della tv commerciale sottolinea come i suoi programmi non siano «l’origine del male». E su Papa Francesco dice: «È un pellegrino, come gli inviati di Striscia»

di Redazione

La mente più creativa della televisione commerciale si racconta a Vita. Il rischio c’era, nei primi anni Ottanta, che le reti di Berlusconi prendessero una deriva interamente pubblicitaria. Antonio Ricci, da trent’anni, fa da argine allo strapotere degli inserzionisti. Nei suoi programmi c’è sempre un aspetto etico di base, senza il quale probabilmente non avrebbero goduto del medesimo successo. Questa tensione morale delle sue produzioni si è  espressa soprattutto con Striscia –nato appunto con due obiettivi prioritari: restituire alla gente un’informazione un po’ più libera, e aiutare le persone a vincere la sfida contro i prepotenti, attraverso l’intervento “salvifico” del Gabibbo e degli inviati. A proposito di questi ultimi, riscontra un’affinità con Papa Francesco:  «Di Bergoglio mi colpisce il suo voler essere uomo tra gli uomini, sulla strada. In fondo anche noi siamo dei pellegrini, basta vedere i nostri ragazzi che trottano da una parte all’altra sulle strade d’Italia».
 
In allegato (a destra) “Torretta di guardia”, un testo del 2005 in cui Ricci spiega il linguaggio simbolico, quasi esoterico, di Striscia la notizia.  
 
Come si è arrivati a definire Drive in “l’origine del male”?
«Per anni Drive in è stato giudicato per quello che era, ovvero un programma comico di grande successo che ha segnato uno spartiacque nella storia della televisione. A un certo momento –siamo nel 2009- l’allora premier Silvio Berlusconi si è ritrovato coinvolto in scandali a sfondo sessuale. Ecco che lì hanno cominciato a intervenire i “militari” di un certo gruppo editoriale –di cui non facciamo il nome, ma abbiamo capito chi sono. Questi signori, per ragioni puramente strumentali, hanno propagandato l’idea che le ragazze fast-food fossero le responsabili di ogni degrado morale. Dunque, Drive in come origine del male è una grande menzogna. Perlomeno, lo è nel senso in cui intendono il male i signori del gruppo editoriale di cui sopra. Una volta Berlusconi disse: “Il Bene trionfa sempre sul Male, tranne nel caso di Antonio Ricci”. Gli ho replicato che abbiamo un concetto del bene e del male molto differente»
 
Lei è stato ragazzo nel periodo della Contestazione. L’impressione è che l’idea del giornalismo alternativo, dello scavare la realtà dietro le apparenze –in poche parole, l’idea che molto tempo dopo  ha preso forma con Striscia la notizia, in qualche maniera l’avesse già elaborata in quegli anni.
«In un certo senso sì. Tutto è cominciato da Bruno Vespa. Era il 1969, il futuro conduttore di Porta a porta muoveva i primi passi come cronista del telegiornale. A un certo momento disse durante un servizio: “È stato arrestato Pietro Valpreda, uno dei colpevoli della strage di Piazza Fontana”. In quel momento pensai che forse poteva esserci un’altra verità possibile su quell’attentato, non potevo fermarmi alle notizie ufficiali dell’unico canale della Rai. Ecco, il primo abbozzo di Striscia nella mia mente è nato in quell’occasione. Poi il programma ho avuto modo di realizzarlo vent’anni dopo».
 
Il Gabibbo come sta vivendo questa fase della politica italiana?
«Questa è l’epoca del Gabibbo. È uno che urla e bercia, quindi di questi tempi, col trionfo generale dell’urlo e dell’ ‘impupazzamento’, lui si trova perfettamente a proprio agio. Un elemento importante da sottolineare è che il Gabibbo non sono io, cioè non la pensa come me: è nato per fare la parodia degli urlatori televisivi, dei populisti catodici –i vari Sgarbi, Funari, Ferrara, Santoro- che furoreggiavano nei primi anni Novanta. Questo lo dico perché qualcuno potrebbe inventarsi che la colpa dell’involgarimento generale che stiamo vivendo sia del Gabibbo. Quindi diciamolo con chiarezza: il “vendicatore rosso” era ed è una parodia».
 
Il suo amico Beppe Grillo dove vuole arrivare?
(…)
 
Striscia guarda con molta benevolenza a Papa Francesco. La pensate come il Santo Padre sulle questioni etiche fondamentali?
«Di Francesco mi colpisce il suo voler essere uomo tra gli uomini, sulla strada. In fondo anche noi siamo dei pellegrini, basta vedere i nostri poveri inviati che trottano da una parte all’altra sulle strade d’Italia. Poi Francesco usa il telefono, e noi -si parva licet- il telefono lo usiamo da sempre, per permettere ai cittadini di denunciare le angherie che sono costretti a subire. Vediamo in Bergoglio molti punti in comune col nostro amico Don Gallo, che aveva una comunità di recupero. In fondo anche noi di Striscia meritavamo un recupero, ma don Andrea –che era una persona intelligente- ha sempre saputo che eravamo degli irrecuperabili, ed era contento di questo».
 
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