Il 2013 è stato un anno nero per volontari e cooperatori. L'anno scorso ha infatti fatto segnare il
triste record dei morti e feriti sul campo, con 155 decessi, 171 feriti e 134 rapiti tra le persone che cercavano di aiutare gli altri in alcuni dei luoghi più pericolosi del mondo. Lo ha rivelato uno studio pubblicato in occasione del
World Humanitarian Day, il 19 agosto, nel quale si legge anche che 79 operatori umanitari sono morti finora nel 2014, rendendo i primi otto mesi di quest'anno più pericoloso per gli operatori umanitari di tutto il 2012.
Le statistiche relative al 2013, elaborate con la collaborazione della ong
Humanitarian Outcomes, mostrano un aumento del 66% degli attacchi mortali rispetto all'anno precedente, con l'Afghanistan – dove sono stati uccisi 81 operatori umanitari – che rimane il luogo più pericoloso per le operazioni di soccorso alla popolazione.
Nel complesso, le aree del mondo davvero a rischio sono circoscritte: anche se in totale sono avvenuti 251 attacchi che hanno coinvolto 460 operatori umanitari in 30 nazioni, tre quarti di loro hanno avuto luogo in soli 5 paesi: Afghanistan, Siria, Sud Sudan, Pakistan e Sudan.
Come negli anni precedenti, le strade si sono dimostrate i luoghi più pericolosi, visto che più della metà di tutti gli incidenti sono imboscate o attacchi lungo la strada. E sebbene le sparatorie e i rapimenti sono ancora le forme più diffuse di violenza, l'uso di esplosivi è quasi raddoppiato tra il 2012 e il 2013: durante i dodici mesi passati ci sono stati infatti 18 episodi di bombardamenti aerei e attacchi di granate, 4 attentati suicidi, 8 attacchi per strada, 8 esplosioni di autobombe e 6 detonazioni di mine diretti contro operatori umanitari.
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