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Politica & Istituzioni

Un plebiscito di sfiducia: oggi Emilia e Calabria, domani il Paese?

In Calabria ha votato il 43,8% degli aventi diritto. A prescindere da ogni considerazione, il dato incontrovertibile è che il 56% dei calabresi non si è recato alle urne. In Emilia Romagna ha votato solo il 37,67%. Dinanzi a un astensionismo che ha la forma dell'esodo sorge così una domanda: la sfiducia oramai endemica nei partiti sta intaccando le istituzioni e le forme stesse della rappresentanza?

di Marco Dotti

«Il popolo possiede un fiuto infallibile nel distinguere i pastori dai mercenari». Proprio ieri, le parole di Papa Francesco, pronunciate durante la canonizzazione a santo del calabrese fra’ Nicola da Longobardi, al secolo Giovanni Battista Saggio (1650-1709), avevano colpito l'attenzione di tanti.

Anche se decontestualizzate, quelle parole hanno continuato a risuonare a tarda notte in Calabria, quando è stato chiaro a tutti che le “pecore”  avevano disertato in massa le urne e, fiutando un'aria che forse comincia a non piacere davvero a nessuno, hanno delegittimato di fatto il pastore – qualsiasi esso sia.

Con un astensionismo che assomiglia più a un esodo in massa dalle forme e dai modi della rappresentanza partitica, che al non-voto tattico predicato a suo tempo da Lenin & co.,  le elezioni Regionali  calabresi hanno infatti raggiunto il minimo storico di partecipazione.

Mai, in trentaquattro anni di elezioni regionali, si era votato così poco e mai si erano visto un cono d'ombra di sfiducia occupare quasi i 2/3 dello spettro politico complessivo.

Veniamo ai numeri: in Calabria ha votato il 43,8% degli aventi diritto. A prescindere da ogni considerazione, il dato incontrovertibile su cui riflettere è che il 56% dei calabresi non ha votato. Il nuovo presidente, Mario Oliverio del PD, raggiunge sì il 61% dei consensi, ma tradotto in termini percentuali sugli aventi diritto al voto, questo significa il 26,8%, ossia: 1/4 dei calabresi. In Emilia Romagna, regione simbolo della partecipazione, il dato è ancor più clamoroso: ha votato solo il 37,67% degli aventi diritto.

Il ministro Boschi, a commento del dato, ha affermato che quello regionale non è un test per il Governo. Su questo, Maria Elena Boschi ha ragione:  è casomai uno stress test – per usare un termine alla moda – che riguarda la tenuta complessiva del sistema di rappresentanza e le forme democratiche prossime venture.

Considerando infatti che lo stesso governo è fortemente impegnato in una riforma della legge elettorale, che di quel sistema è una parte, l'indicazione che arriva dalla Calabria è di non confonderla con il tutto. Proprio qui, terra da sempre ritenuta – a ragione o a torto – di voto di scambio o di voto in parte pilotato dalle mafie (recentemente il Garantista diretto da Piero Sansonetti si chiedeva se la 'ndrangheta tace e se ancora vota o no), i conti con quella parte e anche con quel tutto cominciano a non tornare più. 

Stando ai numeri, la Calabria è una regione di soli maggiorenni. In Calabria gli aventi diritto al voto sono 1.897.729 su 1.956.000 di abitanti, con uno scarto di soli 58.271 abitanti. 

La caduta libera del legame di fiducia nei partiti e nelle istituzioni ha oramai raggiunto livelli parossistici. Sembra i che a recarsi al voto sia chi non può proprio rifiutarsi di farlo, dovendo rendere in eterno un favore (dall'alloggio popolare al posto di lavoro precario) ricevuto anni fa. Ma anche l'utilità marginale dello scambio partitico sembra ridotta a una piccola sacca di rappresentanza residuale.

Sappiamo che solo 1 cittadino su 20 crede ancora nella possibilità di un’azione concretamente democratica condotta attraverso i partiti politici. Questa crisi di fiducia nei partiti – ridotti a "poteri senza legittimità" – sta, poco per volta, intaccando anche la fiducia nelle istituzioni, come aveva previsto più di un anno fa il politologo Marco Revelli.

Di questo rischio – contagio, ci parlano le elezioni regionali della Calabria. Siamo oramai passati dal timore di una "democrazia plebiscitaria" – così la chiamava Talmon, paventando l'epoca dei leader senza partito – al  quotidiano plebiscito di sfiducia che, alla prova del voto, diventa solo più evidente.  Non ignorarlo sarebbe già un primo passo oltre la crisi.

@oilforbook

 

 

 

 


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