Mondo

Quattro anni tra i rifugiati siriani in Libano

Marco Perini, responsabile AVSI in Libano, racconta questi anni spesi ad aiutare chi scappa dal conflitto. «L’inverno sta mettendo a dura prova le famiglie di rifugiati in cerca di protezione; ad oggi sono 12 milioni le persone che si definiscono bisognose di assistenza umanitaria»

di Marco Perini

Una nebbia fitta copre il Vicino Oriente e anche quando il sole fa capolino tra le nubi l’aria rimane gelida. Siamo in West Bekaa in Libano: migliaia di rifugiati siriani scappati da un Paese in guerra stanno intirizziti chiusi in tende di fortuna o nel migliore dei casi tra quattro mura di cemento senza luce e senza riscaldamento.

È questo il caso, forse l’unico, in cui si apprezza il vivere in troppi in 10 metri quadrati: almeno i corpi si scaldano l’un l’altro.

Ed è in questo contesto che AVSI orami da 4 anni interviene per cercare di ridare un po’ di “normalità” a questa gente.

L’emergenza in Siria continua, non si ferma. A pochi giorni da quel 15 marzo in cui scoppiò la rivolta, ormai non sono rimaste che macerie e polvere, mentre cresce il conto delle persone in fuga dal loro Paese.

L’inverno sta mettendo a dura prova le famiglie di rifugiati in cerca di protezione; ad oggi sono 12 milioni le persone che si definiscono bisognose di assistenza umanitaria.

Proprio per questo AVSI porta avanti progetti di “cash for work”: far lavorare i profughi pagandoli. Che si traduce nel permettere loro di guadagnare i soldi per comperare le cose a loro necessarie e non dipendere dagli acquisti decisi dal mondo dell’umanitario.

Noi pensiamo che lavoro, dignità e libertà siano tre aspetti della stessa questione.  Abbiamo scelto di percorrere quella che sembra essere una strada meno facile che scaricare i camion di aiuti umanitari, ma l’unica praticabile dopo quattro anni di guerra.

Il freddo, però, non è l’unica preoccupazione. La comunità umanitaria internazionale ha identificato come prioritaria la protezione dell’infanzia ed il supporto scolastico per le famiglie siriane: le Nazioni Unite stimano che il 50% dei profughi vittime della crisi siano bambini.

A 50 chilometri da dove lavorano alcuni profughi adulti, più di 200 bambini stanno seguendo lezioni scolastiche e nel pomeriggio faranno corsi di recupero e parteciperanno ad attività ricreative e psico-sociali che permetteranno loro di vivere qualche ora di normale fanciullezza in un mondo che di normale (per loro e per tanti altri) non ha più nulla.

Marco Perini responsabile AVSI in Libano

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