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“Triplicare fondi a Triton non basta”
Per l'ong Save the children "è un significativo passo avanti ma la mancanza di chiarezza sul mandato dell'operazione europea è inaccettabile". Per la Comunità Papa Giovanni XXIII "bisogna rendere inutili i barconi aprendo canali umanitari"
di Redazione

“L'accordo raggiunto dai capi di stato e di governo oggi a Bruxelles é il classico caso di chi fa due passi avanti e uno indietro. L'impegno per triplicare le risorse finanziarie per Triton e le offerte di alcuni stati per rafforzare la capacità di ricerca e salvataggio sono significativi passi avanti, ma la mancanza di chiarezza sul mandato dell’operazione non è accettabile, come non è accettabile la rinuncia all’attivazione di un sistema di quote per una più equa e sostenibile redistribuzione tra gli Stati dei profughi e richiedenti asilo”, dichiara Valerio Neri, direttore generale dell'ong Save the Children Italia.
“I leader europei devono chiarire nelle prossime ore il mandato di Triton e l’espansione della sua area di intervento, nonché esplicitare la responsabilità nella ricerca e salvataggio in mare”, aggiunge Neri, “oggi l’Europa ha fatto un passo indietro per non cadere nell’abisso morale, ma occorre che nelle prossime ore faccia maggiore chiarezza e trasformi l’impeto di questo momento in vite salvate in mare”.
Anche l'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, tramite il presidente Giovanni Paolo Ramonda, commenta a caldo l'esito del vertice straordinario di giovedì 23 aprile a Bruxelles tra i ministri degli esteri dell'Unione europea: "Anziché bombardare i barconi rendiamoli inutili aprendo un canale umanitario. Ci costerà molto meno e salveremo molte più vite umane. Nessuno si affida a dei trafficanti se può avere un regolare permesso e andare nel Paese di asilo in nave o in aereo. Magari anche pagando il biglietto, visto che adesso questi poveri disperati pagano migliaia di euro ai trafficanti che spesso li conducono alla morte, Così commentaRamonda , responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII.
"Triplicare le risorse Frontex è già una risposta, ma solo di tipo contenitivo, che non risolve il problema alla radice. Le soluzioni ci sono: chi viene da paesi come la Siria e l'Eritrea ha sempre diritto di protezione internazionale: perché l'Europa non stabilisce che possa imbarcarsi su voli di linea e chiedere asilo nell'aeroporto di arrivo?", si chiede Ramonda. "Un'altra possibilità è garantire nei paesi limitrofi a quelli da cui fuggono i profughi un luogo sicuro in cui possano chiedere asilo. Nel frattempo però l'Europa e le Nazioni Unite devono affrontare con serietà le cause di conflitti, sollevando il velo sul commercio delle armi e sullo sfruttamento economico su cui si basa la nostra economia. Solo così interromperemo l'esodo dei disperati".
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