Non profit

A Mantova si tesse la tela del distretto della conciliazione

L'industria della calza e dell'abbigliamento

di Redazione

Lo chiamano il “distretto della conciliazione” e non per caso: nel mantovano, dove l’industria della calza e dell’abbigliamento occupano manodopera prevalentemente femminile, parlare di welfare aziendale significa prima di tutto consentire alle dipendenti di conciliare lavoro e famiglia. Sono due le aziende “prime della classe” che hanno costruito modelli all’avanguardia, grazie all’opportunità dei fondi messi a disposizione dalla legge 53 del 2000 per i progetti aziendali di conciliazione: si tratta di Aimée (nella foto) e della Lubiam. Marchi affermati nell’abbigliamento (il primo per gli abiti da sposa, il secondo per abiti maschili), di dimensioni medie (200-300 dipendenti), con una prevalenza di manodopera femminile all’85-90%. Si va dall’ampliamento dei contratti part time alla flessibilità d’orario in entrata e uscita, fino ai servizi per l’infanzia e per i parenti anziani e, nel caso di Lubiam, all’apertura di un asilo nido da 18 posti.
«Il finanziamento della legge 53 ha rappresentato uno stimolo importante», commenta Giusy Amadasi, segretaria provinciale della Femca-Cisl. «E anche se si tratta di un aiuto a termine, molti dei servizi realizzati restano consolidati. Un esempio su tutti: nel contratto del tessile industriale, il tetto previsto per i contratti part time è dell’8%. Qui siamo arrivati abbondantemente sopra il 30%». Per Lubiam, lo stimolo è arrivato dalla moglie dell’imprenditore, Marzia Bianchi, madre di quattro figli, membro della commissione provinciale di Parità e presidente del Centro di Aiuto alla vita di Mantova. «Non è facile misurare, in termini di produttività, i risultati ottenuti», spiega, «ma di certo il clima in azienda e la fidelizzazione dei dipendenti sono migliorati».

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