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abio con i bambini:b«vi raccontiamobtrent’anni in corsia»

pediatria Un compleanno e nuove iniziative

di Redazione

Dopo la Carta dei diritti del bambino in ospedale, un manuale per valutare l’assistenza. «Le famiglie imparino a chiedere ciò che devono avere» I n Italia, alle soglie degli anni 80, un bambino ricoverato in ospedale, qualsiasi età avesse, doveva essere lasciato in reparto alle cure di medici e infermieri. Mamma e papà dovevano tornarsene a casa e rispettare gli orari di visita previsti dall’ospedale. «Difficile immaginare una cosa più angosciante, vero?», commenta Regina Sironi , segretario generale della Fondazione Abio, la realtà a cui si deve uno dei più epocali cambiamenti culturali nella tutela dei bambini ricoverati in strutture ospedaliere. Il prossimo 14 novembre Abio festeggia trent’anni di attività con un convegno nazionale, a Roma, in cui rilancia un tema caldissimo: la diffusione (e l’effettiva applicazione) della Carta dei diritti dei minori in ospedale.
Perché al volontariato a volte spetta ricordare agli operatori che i tanti principi, ormai condivisi, sull’assistenza ai bambini negli ospedali vanno anche concretizzati. «Se siamo d’accordo sul fatto che i genitori devono restare accanto al figlio 24 ore su 24», sottolinea la Sironi, «dobbiamo anche metterli in condizione di farlo: dargli un letto, un bagno in stanza, pasti a prezzi agevolati. Se c’è solo una sedia e una caposala che sbuffa di fronte a una mamma ansiosa, siamo al punto di partenza».
Proprio per far “vivere” la Carta dei diritti (che Abio ha presentato a marzo, in collaborazione con la Società italiana di pediatria), la fondazione ha messo a punto un Manuale di valutazione per verificare l’efficacia dei principi che esprime. «Ci consentirà di raccogliere dati ed effettuare le prime valutazioni sulla qualità dell’accoglienza in pediatria», spiega la Sironi. «Lavoreremo con specialisti del settore affinché ciascun punto sia reso esigibile a seconda della patologia e dell’età del bambino».
Trent’anni passati nei reparti hanno reso i volontari Abio testimoni del cammino della pediatria. Anche il loro modo di affiancare le famiglie è cambiato: dai tempi in cui dovevano sostituirsi ai genitori nelle ore in cui questi non erano ammessi in visita, fino alle dinamiche attuali, in cui l’incontro con il bambino avviene in un contesto di velocità, il ricovero breve, il day hospital. «Situazioni in cui la famiglia è impegnata nel superamento dell’emergenza, piuttosto che nella protezione emotiva del bambino», commenta la Sironi. «Per questo oggi ai volontari è richiesta una capacità di risposta immediata. C’è una solitudine crescente dei genitori, la mancanza di una rete amicale e parentale che li sostenga in un momento di crisi come è il ricovero di un figlio». La famiglia è anche uno dei passaggi-chiave della Carta dei diritti: per questo, Abio ha distribuito il documento in tutti gli ospedali dove operano i suoi 4.500 volontari, «perché genitori e bambini possano chiedere ciò che sarebbe normale avere da un ospedale che si dice accogliente».

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