Cultura

Africa: il boom delle scuole coraniche

Secondo un'inchiesta di Il Velino, le scuole coraniche sarebbero cresciute nel solo 2005 del 170%

di Redazione

Da Il Velino – Nel solo 2005 il numero delle scuole coraniche (madras) in Africa e’ cresciuto del 170 per cento rispetto all’anno precedente. Segnalato al Velino da fonti militari il fenomeno e’ costantemente monitorato dalle intelligence di numerosi paesi, in considerazione dei rischiosi sviluppi cui potrebbe dare adito in futuro. “L’aumento delle scuole islamiche per ora non desta preoccupazione, ma va tenuto sotto stretta osservazione – ha spiegato il militare -. Islam non vuol dire terrorismo. Ma il passo dal normale insegnamento e pratica di una religione al fondamentalismo e’ breve. La stessa geografia dell’Africa, inoltre, fornisce opportunita’ a chi vuol farsi coinvolgere nel terrorismo”. L’anarchia che vige in alcuni paesi, infatti, ha probabilmente favorito l’infiltrazione di formazioni eversive, rendendo in particolare il Corno d’Africa una zona di ricovero per numerosi gruppi fondamentalisti.

“In Africa – prosegue la fonte – ci sono le condizioni ideali per l’esistenza, lo sviluppo e il mantenimento di organizzazioni. Alcuni paesi del continente sono estremamente poveri e arretrati. I governi, quando ci sono, non sono in grado di sopperire da soli a tutte le emergenze. Questa situazione genera violenza e malcontento tra la popolazione, che nella maggior parte dei casi e’ disperata, ed e’ costretta a lottare solo per sopravvivere. Quando i fondamentalisti arrivano, portano denaro e fanno intravedere una apparente possibilita’ di prosperita’. Di solito gli adulti sono piu’ diffidenti e cadono di meno nella trappola, ma i giovani si lasciano incantare piu’ facilmente. Sia perche’ sono ancora sognatori e vogliono cambiare le cose, sia perche’ i terroristi distribuiscono soldi e promesse di aiuto per le famiglie di chi si arruola nella Jihad”.

“L’unico modo per sconfiggere la minaccia dei fondamentalisti e’ porre subito in essere una serie di azioni, che vanno dall’identificazione delle varie formazioni, alla distruzione delle stesse, dei loro rifugi e dei canali di finanziamento – argomenta l’osservatore -. Inoltre e’ necessaria una stretta collaborazione con i paesi delle aree coinvolte. Su tutti i fronti. Ovviamente uno Stato sano, la cui economia e’ florida e nel quale la popolazione vive in maniera decorosa e’ meno soggetto a rischi di penetrazioni terroristiche di un altro piu’ povero e in cui manca una guida”. Non solo. “Anche sul fronte militare e’ fondamentale che i paesi piu’ evoluti aiutino quelli piu’ ‘giovani’. Forze di sicurezza preparate e aggiornate sono un buon deterrente, o quanto meno un ostacolo. I terroristi sono fanatici, non sono stupidi. Se devono entrare in uno Stato dove i rischi sono elevati, ci pensano due volte prima di farlo”. A questo proposito gli Stati Uniti hanno avviato diverse iniziative: il comando delle forze speciali Usa in Africa ha concluso due settimane fa un’esercitazione (Flintlock) nella regione ovest del continente, che ha coinvolto gli eserciti di Algeria, Tunisia, Mauritania, Mali, Niger e Ciad (i sei Stati della regione in cui c’e’ una presenza musulmana piu’ forte). Ad alcune singole manovre hanno partecipato anche ufficiali provenienti da Marocco, Nigeria e Senegal. L’obiettivo era aumentare la capacita’ dei vari paesi nel controllo del territorio, in particolare delle aree di confine. Inoltre Washington ha appena varato un programma (Trans-Sahara counter terrorism iniziative) quinquennale di aiuti e cooperazione militare nella regione, per una spesa approssimativa di cento milioni di dollari. Gli Usa terranno regolarmente esercitazioni militari congiunte con diversi paesi e si occuperanno di addestrare e in alcuni casi equipaggiare i militari africani.