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Al vertice si apre la fase finale

Molte le questioni ancora irrisolte. Le ong tenute fuori dal Bella Center. La diretta

di Redazione

La diretta

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Nasce il tavolo su clima e agricoltura biologica

Scatta l’ora della Terra

 

I negoziati entrano nel vivo

Entrano nel vivo i negoziati nel nono giorno del vertice sul clima di Copenaghen, dopo lo stop impresso il 14 dicembre dai paesi in via di sviluppo, che hanno abbandonato il tavolo per tornare solo dopo aver ottenuto significative concessioni. I negoziati informali oggi procederanno su due “percorsi paralleli”, come chiesto dai paesi poveri, uno dei quali prevede il mantenimento del protocollo di Kyoto. Ma mentre la sessione finale a alto livello, che ha preso il via stasera, continuerà domani, restano ancora molte questioni irrisolte. Inoltre protestano le ong, che si vedono negare l’accesso al Bella Center, sede del vertice, per motivi di sicurezza.

È stata inaugurata intanto la sessione ministeriale, che culminerà venerdì 18 con l’arrivo dei capi di stato e di governo, ma già stasera è intervenuto il segretario Onu Ban Ki-Moon, il premier danese Lars Lokke Rasmussen e il principe Carlo d’Inghilterra. Dopo il blocco delle trattative di ieri, promosso dal gruppo africano con il sostegno di Cine e G77, alcuni tavoli negoziali sono proseguiti nel corso della nottata per recuperare il tempo perduto. Gli ospiti danesi della conferenza sotto l’egida Onu sono stati accusati di ostacolare le trattative sul protocollo di Kyoto, impacchettando le discussioni sulle questioni ancora aperte sui vari temi in un unica grande sessione informale. Secondo i paesi poveri i loro vicini ricchi che hanno siglato il protocollo nel 1997 devono impegnarsi a ulteriori tagli di emissioni sulla base di quel testo.

E dopo un discussione con la presidenza danese e con i rappresentanti dell’Onu, i negoziati sono stati divisi in due, come chiesto dal G77. Un gruppo, presieduto da Germania e Indonesia, sta esaminando la possibilità di nuovi tagli alle emissioni da a parte dei paesi sviluppati sotto il protocollo di Kyoto. Un altro, presieduto da Gran Bretagna e Ghana, sta studiando il finanziamento a lungo termine delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici che i paesi poveri dovranno adottare.

LA BOZZA

Nel pomeriggio alla Conferenza è stata fatta circolare una seconda bozza di conclusioni, che però non indica numeri sulle questioni-chiave come gli obiettivi per la riduzione del riscaldamento e il taglio delle emissioni di C02 o gli stanziamenti per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Queste questioni vengono affrontate dai ministri dell’Ambiente nei gruppi di lavoro, con la speranza di arrivare a un’intesa entro venerdì, quando nella capitale danese arriveranno i leader i più di 100 Paesi. A scontrarsi sono due visioni: da una parte chi vorrebbe un trattato unico e complessivo che, alla scadenza del Protocollo di Kyoto nel 2012, vincoli tutti i Paesi con impegni; dall’altro c’è chi lavora per un aggiornamento limitato di Kyoto, il quale prevede impegni per i soli Paesi industrializzati che lo hanno sottoscritto. A frenare su nuovi impegni vincolanti ci sono anzitutto i due grandi inquinatori, Cina e Stati Uniti, divisi però sulle verifiche internazionali sul livello delle emissioni che Pechino respinge.

LA PROTESTA DELLE ONG

«Il piano di restrizione scattato oggi per contingentare le entrate dei delegati delle organizzazioni non governative fino a venerdì al Bella Center, la sede del quindicesimo Vertice Onu, è un’azione antidemocratica e ingiusta». Il Segretario Generale della Focsiv Sergio Marelli commenta così da Copenaghen, dove si trova, la decisione del Segretariato UNFCCC e del governo danese di imporre restrizioni agli ingressi delle ong. «L’articolo 6 dell’Unfcc richiede a tutti i Paesi delle Nazioni Unite di promuove e realizzare adeguati programmi di formazione, informazione e partecipazione del pubblico. Inoltre il diritto a partecipare alla presa di decisioni è contenuto nell’articolo 25 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite. Alla luce di tutto ciò, e convinti della necessità che la società civile non sia esclusa da questo processo decisionale, riteniamo che queste restrizioni rischiano gravemente di marginalizzare la voce della società civile che rappresenta un attore fondamentale in questo processo. La partecipazione della società civile ai processi negoziali di Copenaghen è cruciale e fondamentale per garantire che davvero le voci vere del mondo siano ascoltate», conclude Marelli.

 

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