Secondo il WWF, il Piano casa del governo rischia di trasformarsi in una sbornia edilizia. L’infinita polverizzazione edificatoria che ha travolto coste e campagne, vallate e borghi storici rischia di aumentare. In Lombardia la superficie urbanizzata ha raggiunto il 10% del territorio negli ultimi 15 anni. Non vanno molto meglio Veneto e Liguria dove la superficie impermeabilizzata da cemento e asfalto è sempre più alta. Secondo i censimenti agricoli del 1950 e del 2005 mancano oggi all’appello più di 3,5 milioni di ettari di superficie libera da infrastrutture e costruzioni: un territorio più grande dell’Abruzzo e del Lazio messi insieme. Solo nel Molise, una delle regioni più piccole e demograficamente stabili, l’urbanizzazione è cresciuta di oltre il 500% negli ultimi cinquant’anni, dai 2.300 ettari del 1956 agli oltre 12mila del 2006.
La crescita straordinaria dell’edilizia privata va a braccetto con un crollo dell’edilizia pubblica. Case quindi per profitto e investimento e non certo per le nuove coppie, per i poveri o per chi giustamente richiede un alloggio in cui vivere. Le logiche che hanno finora governato sono dunque quelle della rendita immobiliare, allergiche alla pianificazione territoriale. Ed è con questa realtà che il Piano casa deve fare i conti. Gli effetti negativi: scriteriata impermealizzazione dei suoli (già molto consistenti); modificazioni climatiche localizzate; distruzione e frammentazione degli habitat di specie di importanza prioritaria; alterazione degli assetti idraulici superficiali e sotterranei; riduzione dell’estensione e della capacità produttiva agricola.
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