Mondo
Alle Maldive il paradiso confina con linferno
Ottantamila italiani ci passano le vacanze ogni anno (di Pablo Trincia).
di Redazione
Per alcuni rappresentano un sogno da raggiungere. Per altri un incubo da cui fuggire. Sono le Isole Maldive: atolli da cartolina, sabbia bianca e resort a cinque stelle le collocano nell?olimpo del turismo italiano e internazionale. Arresti sommari, torture nei confronti di dissidenti politici e una delle dittature più longeve dell?Asia ne fanno uno di quei luoghi della terra dove anche i diritti civili se ne vanno in vacanza.
«Gli stranieri vedono il nostro arcipelago come un luogo esotico e pieno di svaghi. Per noi maldiviani non è così. Viviamo in un regime che ci priva delle nostre libertà fondamentali. Chi si ribella rischia di essere arrestato nel cuore della notte e sparire». A parlare da Londra è un dissidente maldiviano che chiede di restare anonimo per ragioni di sicurezza, nonostante affermi di essere un rappresentante dell?Mdp, il Partito democratico delle Maldive nato per contrastare il regime dell?attuale dittatore, Maumoon Adbul Gayoom.
Quest?ultimo dal 1978 siede alla guida del piccolo arcipelago di religione islamica sospeso a meno di due metri dallo specchio d?acqua dell?Oceano Indiano. In un quarto di secolo, Gayoom ha trasformato un anonimo mosaico di 1.190 isole in un affare multimilionario. Ha aperto le porte agli investitori stranieri, dando in concessione le isole più esotiche e attraenti, che oggi ospitano club e alberghi esclusivi.
Tra i principali Paesi di provenienza dei visitatori spicca il nostro: nei primi sei mesi del 2004 più di 80mila italiani hanno raggiunto gli atolli delle Maldive, rappresentando, con il 22% degli arrivi, la stragrande maggioranza degli stranieri che vi si recano in vacanza.
Secondo l?opposizione e le organizzazioni umanitarie, l?industria del turismo, che contribuisce con il 60% al Pil maldiviano, è una vera e propria pipeline che ogni anno getta fiumi di dollari nelle tasche del regime di Gayoom.
Per questo l?opposizione maldiviana ha di recente lanciato una campagna di boicottaggio del turismo nell?arcipelago, sostenendo che i suoi introiti foraggiano una dittatura repressiva. Oltre ad alimentare un giro di mazzette che entrerebbero direttamente nelle tasche della famiglia Gayoom.
La campagna di boicottaggio non ha fatto che allontanare governo e opposizione, già divisi su numerose questioni, tra cui le prossime presidenziali, alle quali Gayoom sta tentando di candidarsi per la sesta volta consecutiva. Le proteste dei gruppi anti governativi sono sfociate in alcune manifestazioni, l?ultima delle quali avvenuta a metà agosto nella capitale Male, che si sono concluse con un?ondata di arresti e di torture fisiche e psicologiche inflitte a un gruppo di dissidenti. Gli episodi di violenza, passati inosservati su gran parte dei media internazionali, hanno mobilitato Amnesty International, che ha condannato il regime di Gayoom.
«Il turismo è diventato una minaccia per la democrazia», dice dall?Inghilterra una attivista dell?associazione culturale Friends of the Maldives. «Grazie ad esso sopravvive un sistema monopartitico che cancella ogni forma di pluralismo e di libertà di espressione».
Dai palazzi governativi di Male arriva la pronta smentita: «Accuse tendenziose, provenienti da un gruppo di delinquenti ed estremisti violenti», replica duro il portavoce Mohammed Hussain Shareef, «senza il turismo non avremmo un?economia e un indice di sviluppo umano così avanzati. Non esistono canali tra Gayoom e i resort a cinque stelle degli atolli, che pagano regolarmente la quota prevista».
Il turismo è davvero il motore dell?economia maldiviana, come sostengono i burocrati di Male? Alfredo Somoza, fondatore dell?Associazione italiana per il turismo responsabile, contesta questa lettura: «I proventi del turismo non hanno un grande impatto sullo sviluppo dell?arcipelago», spiega Somoza. «La popolazione non ne trae beneficio e non c?è un aumento dei posti di lavoro per i maldiviani. Il governo prende accordi direttamente con le multinazionali straniere. Per questo non ci stupisce che l?opposizione abbia lanciato una campagna di boicottaggio. Si tratta dell?ennesimo caso di turismo irresponsabile».
Pablo Trincia
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