Se è vero che il ruolo della ricerca clinica sta cambiando, instaurando un ruolo sempre più interattivo con il paziente, è altrettanto vero che anche il ruolo delle associazioni delle persone con disabilità si deve modificare nella direzione della creazione di una vera e propria “alleanza terapeutica”, tra medici, pazienti e le stesse associazioni. Ma come possono intervenire le associazioni per favorire il processo di “proficuo scambio” tra le parti in causa e di “reciproca ricaduta”? Se prendiamo come riferimento i trials clinici, fase che sempre più spesso costituisce il primo gradino per il passaggio della ricerca dal laboratorio verso una possibile applicazione terapeutica, questo può avvenire innanzitutto facendo da “garante” nei confronti delle famiglie e degli stessi pazienti. Inutile dire che si tratta di un ruolo di grande responsabilità, che traduce e condensa in sé tutte le aspettative del paziente nel sottoporsi a un procedimento che si presenta ricco di incognite. E, sempre tenendo ben presente l’interesse del malato, ma venendo incontro alle esigenze dei clinici, l'”alleanza terapeutica” viene favorita anche mettendo a disposizione i propri canali per ovviare alla difficoltà nel reperimento di pazienti. Pensiamo in questo senso alla costituzione del Registro dei malati con distrofia muscolare e atrofia spinale (www.registronmd.it) che vede la Uildm tra gli enti promotori. Ma di notevole importanza è anche il ruolo svolto nella promozione e nel consolidamento del rapporto tra il clinico-ricercatore ed il paziente, basato su estrema fiducia e “complicità”.
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