Mondo
Amnesty International contro la repressione
A un anno dalle contestate elezioni del giugno 2009, venerdì 11 a Roma si terrà una manifestazione di protesta per denunciare la situazione dei dissidenti
di Redazione
«È fondamentale battersi in favore delle persone che sono ingiustamente in carcere ed essere la loro voce. Il peggiore incubo per un prigioniero è il pensiero che finirai per essere dimenticato. Invece, sapere che la tua sofferenza è nei cuori e nelle menti di persone di ogni parte del mondo ti da’ un grosso senso di speranza». Così Maziar Bahami, giornalista irano-canadese di Newsweek, arrestato in Iran all’indomani delle elezioni del giugno 2009 e rilasciato dopo quattro mesi di carcere).
A un anno dalle contestate elezioni presidenziali del giugno 2009, Amnesty International ha diffuso un rapporto che denuncia l’aumento della repressione nei confronti del dissenso, che ha significato la prigione per giornalisti, studenti, attivisti politici, difensori dei diritti umani ed esponenti del clero. Avvocati, docenti universitari, ex prigionieri politici e appartenenti a minoranze etniche e religiose sono a loro volta finiti in una montante ondata di repressione che ha dato luogo a diffusi casi di tortura e a esecuzioni di condanne a morte per motivi politici.
Questa repressione è documentata nel nuovo rapporto di Amnesty International “Dalla protesta alla prigione. L’Iran, un anno dopo le elezioni”, che passa in rassegna un anno di arresti e condanne nei confronti di coloro che hanno espresso critiche verso il governo e denunciato le violazioni dei diritti umani. Con la pubblicazione di questo rapporto, l’organizzazione per i diritti umani lancia una campagna di un anno per il rilascio dei prigionieri di coscienza incarcerati all’indomani delle elezioni del giugno 2009 e per processi equi senza pena di morte per gli altri prigionieri politici. «Il governo iraniano è determinato a ridurre al silenzio ogni voce dissidente e allo stesso tempo tenta di evitare ogni scrutinio internazionale sulle violazioni dei diritti umani commesse nel contesto delle proteste postelettorali», ha dichiarato Claudio Cordone, Segretario generale ad interim di Amnesty International. Centinaia di persone rimangono in carcere per aver preso parte alle proteste del giugno 2009 o per aver espresso in altro modo il loro dissenso. L’arresto arbitrario di gente comune è diventato una pratica quotidiana, nell’ambito del crescente ricorso a una sorta di “sistema di porte girevoli”, in cui le persone vengono imprigionate per brevi periodi di tempo, anche ripetutamente. Persone con solo vaghi e presunti legami con gruppi messi al bando, così come familiari di ex prigionieri, sono state sottoposte ad arresti arbitrari nel corso dell’ultimo anno.
Amnesty International chiede il rilascio immediato e senza condizioni di tutti i prigionieri di coscienza; processi equi e tempestivi, per capi d’accusa fondati e senza ricorso alla pena di morte, per tutti gli altri prigionieri e promuove per venerdì 11 giugno alle 18 una manifestazione di protesta di fronte all’ambasciata iraniana.
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