Ritorna la proposta idiota delle stanze del buco. Le chiamano “Stanze salvavita e da iniezioni, da individuarsi nel patrimonio culturale disponibile e inutilizzato dell’ente locale”. Risentire per la millesima volta proposte così velenose, ipocrite ed ideologiche, a distanza di trent’anni mi fanno ribollire lo stomaco.
Abbiamo visto morti di tutti i tipi. Abbiamo capito che i rimedi non stanno nelle stanze del buco, nel metadone a gogò e nemmeno nelle comunità terapeutiche, nate in ogni angolo, guidate dal primo che si inventava salvatore del mondo o piccolo imprenditore o raccattatore di disperazioni.
Smettiamola di inventare scorciatoie. Gli anni passati ci hanno suggerito più umiltà, più lavoro di prevenzione e soprattutto grande capacità di far rete. Negli anni ’70 c’erano le droghe leggere, quelle pesanti e il fumo radical-politico.
Non è possibile che siamo così ignoranti da ricadere in errori ancora più devastanti e con l’incoscienza degli adulti peter-pan. Non esistono più droghe leggere e non esistono luoghi salvavita.
Non rimettiamo sul tavolo nuovamente l’eroina come fosse l’unica sostanza mortale. Le droghe sono infinite, sono tutte mortali. Alle droghe, poi, si sono aggiunti: il gioco, l’alcol, le miscele micidiali e, tanto per citare l’ultima avventura spaventosa su You Tube: la neknominate.
Fare rete significa innanzitutto aprire la testa e la mentalità della scuola italiana, creare centri di ascolto 24/24 ore e gratuiti per aiutare i genitori a conoscere i nuovi adolescenti, spingere gli enti locali e religiosi ad inventare centri giovanili sani, con molteplici attività sportive, musicali, culturali, residenziali e semiresidenziali.
I nostri giovani sono figli di nessuno ma solo dei giornali che si dilettano a raccontare i bullismi quotidiani, i macelli familiari con la immancabile riflessione scontatissima e sfasata del luminare di turno. Rimbocchiamoci le maniche e finiamola con le minestre riscaldate! I nostri figli vanno amati prima, per non doverli recuperare dopo.
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