Lavoro
Anna Gionfriddo: «Care aziende, con più inclusività e trasparenza vi assicurate il futuro»
La ceo di Manpower Group e presidente della Fondazione Human Age Institute e di Junior Achievement Italia interviene sul tema lanciando dal numero di VITA magazine di maggio: come ricucire la relazione fra giovani e imprese?

Vecchie e nuove generazioni a confronto, diverse sensibilità e diverse domande sul lavoro. Anna Gionfriddo va dentro i numeri del fenomeno. Gionfriddo è ceo di Manpower Group, presiede la Fondazione Human Age Institute e Junior Achievement Italia. Questa intervista, che rendiamo disponibile anche ai lettori non abbonati è contenuta nel numero di VITA magazine di maggio intitolato “Lavoro, adesso scegliamo noi”.
Quali le maggiori differenze fra generazioni?
Nel mondo del lavoro convivono quattro generazioni: Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964), Generazione X (1965-1980), Millennial (1981-1996) e Generazione Z (1997-2012), guidate da differenti valori, aspettative e modalità di rapportarsi all’ambiente professionale. Per le aziende, una grande opportunità.
Perché?
Dal nostro report Talent Barometer, che indaga la percezione del lavoro da parte delle persone di diverse età, generi, settori, emergono alcuni elementi in comune tra le stesse generazioni relativamente a benessere, soddisfazione nel lavoro, fiducia nel futuro. Ad esempio, Boomers e Generazione X tendono a valorizzare maggiormente la stabilità finanziaria, mentre Millennial e Gen Z hanno un approccio più flessibile e valoriale.
Per esempio?
Un elemento che caratterizza i Millennial è la ricerca di aziende che offrano benessere, leadership etica e trasparenza. I lavoratori della Gen Z si distinguono per una forte attenzione a temi come diversità e inclusione. Inoltre, cercano imprese che si preoccupino del loro benessere e che possano offrire un chiaro percorso di carriera e una maggiore sicurezza finanziaria. Allo stesso tempo, la GenZ è anche la generazione più fragile: si dichiara la più stressata (57%) e di gran lunga la più incline a cambiare impiego per propria scelta nei prossimi mesi (49%). Si tratta anche della generazione che ha più difficoltà a trovare significato e scopo nel proprio lavoro (63%, rispetto al 75% che è media di tutte le generazioni).

Dal punto di vista dei datori di lavoro, come si gestisce il mismatch tra le richieste dei lavoratori più giovani e le necessità dell’azienda?
Con una forza lavoro caratterizzata da un aumento dell’età media e una percentuale crescente di lavoratori esperti prossima al pensionamento, le aziende si trovano a dover affrontare la perdita di competenze chiave, mentre al contempo si preparano ad accogliere un numero sempre maggiore di persone della Generazione Z. Per questa sfida, le aziende devono saper creare ambienti flessibili, inclusivi e capaci di valorizzare le diversità.
Come?
Puntare su percorsi di formazione mirati, attivare di programmi di mentorship che favoriscano il passaggio di conoscenze tra le generazioni: competenze e cultura aziendale incontrano nuove energie, aspettative e competenze digitali. Il report che ogni anno presentiamo al World Economic Forum, da due è incentrato su una parola chiave, “adattabilità” che riguarda tutti: le aziende si stanno adattando ad una rinnovata richiesta di flessibilità, benessere, sviluppo da parte delle persone, mentre chi lavora, oggi è chiamato a fare grandi sforzi per i cambiamenti sempre più veloci richiesti.
Quanto è costoso per le aziende fare questo salto?
Richiede un cambio di prospettiva e di visione strategica necessario per restare competitive e attrattive. Ambienti di lavoro più inclusivi, trasparenti e orientati al benessere, nel medio-lungo periodo genereranno benefici concreti, ridurranno il turnover e fidelizzeranno i giovani. Non solo, questi lavoratori diventeranno la nuova generazione di senior leader: in investire in ciò che chiedono significa preparare il terreno per un futuro solido.
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