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Appello per la nascita della ‘Casa per la pace’
Un gruppo di associazioni legate all'obiezione di coscienza scrive al sindaco per convertire l'ex carcere militare del Forte Boccea in un luogo di promozione della nonviolenza
di Redazione
La società civile romana chiede al Comune di far nascere una ‘Casa per la pace e la nonviolenza’ in uno dei luoghi simbolo dell’obiezione di coscienza: il Forte Boccea, che fino al 2005 è stato un carcere giudiziario militare, ma soprattutto luogo di reclusione per decine di giovani che negli anni del servizio militare obbligatorio si rifiutavano di imbracciare le armi.
Le sezioni capitoline di Centro studi difesa civile, Associazione obiettori nonviolenti; Arci Servizio civile, Cipax, Cesc e Consorzio città dell’altreconomia, che sono alcune degli enti promotori dell’appello al sindaco Gianni Alemanno, chiedono inoltre che la nuova struttura venga dotata di un Centro di documentazione sulla storia dell’obiezione di coscienza e del servizio civile. Il progetto di una Casa per la pace risale al 2008, ma ha ripreso vigore da poco: “Recenti episodi avvenuti in questa città confermano la necessità di creare un punto di riferimento per una cultura della pace, del dialogo e dell’accoglienza”, ha spiegato Giorgio Giannini, presidente Centro studi difesa civile.
Le reazioni dei politici all’iniziativa non si sono fatte attendere. Se il ramo romano di Sinistra e libertà ha accolto favorevolmente la richiesta, sono invece contraddittorie le opinioni nella maggioranza: “L’area di Forte Boccea va destinata prima di tutto alla nuova sede del mercato di via Urbano II, ma non trovo nessun contrasto nella creazione di un luogo che richiami ai valori dell’obiezione di coscienza, fonte di ispirazione per molti giovani”, ha dichiarato il senatore del Pdl Stefano De Lillo. Di tutt’altro avviso un suo compagno di partito, il presidente della commissione Bilancio di Roma, Federico Guidi: “sono contrario alla destinazione, anche parziale, del Forte Boccea a fini velleitari che non apportano benefici ai cittadini romani”. E precisa: “Ritengo sia finito il tempo delle case della pace e di quant’altro, gli spazi pubblici devono essere destinati a servizi utili per la tutta la cittadinanza”.