Mondo

Attenti, il debito pubblico non è come lo Spirito santo

di Redazione

La Banca d’Italia ci informa che ad aprile il debito pubblico italiano ha raggiunto il livello in assoluto più alto di sempre: 1.813 miliardi di euro.
Peccato che non siano più i tempi di una volta quando i prestiti venivano contratti direttamente dai re o dai capi di Stato sotto forma di debiti personali. Se dividiamo il debito per ogni cittadino residente senza distinzione di età, sesso o patrimonio, otteniamo una cifra di circa 30mila euro pro capite. Appena nasci diventi immediatamente proprietario di un bel fardello che aumenterà ogni anno a meno che lo azzeriamo facendo tutti un bel bonifico.
Non si vedono in giro facce preoccupate o grandi titoli sui giornali. Anzi, si affrettano a spiegarci che l’importante è il rapporto con il Pil o che bisogna guardare il debito includendo quello privato diventando così immediatamente quarti nella classifica dei Paesi virtuosi.
Il debito pubblico per gli italiani è un po’ come lo Spirito Santo. C’è ma nessuno lo ha mai visto in faccia, aleggia sulle nostre teste ma se chiedi ai vicini e ai colleghi se hanno debiti ti dicono assolutamente di no. Come è possibile spiegare questo mistero? Come mai non scende, anzi continua a salire, nonostante siano state fatte le privatizzazioni, aumentate le tasse, tagliate le spese sociali, ridotti gli investimenti? Semplice, la colpa è degli interessi su questo debito: 70 miliardi di euro l’anno. La risposta quindi non sta solo in anni di dissipamento della ricchezza da parte dei nostri governanti ma anche nella politica monetaria attuata prima dalla Banca d’Italia e ora dalla Bce. Sono stati tagliati i costi sociali per pagare gli interessi alle banche e a chi sottoscrive i titoli di debito. La vera politica non la fanno i partiti o i governanti ma le banche centrali che, rispondendo agli interessi del capitale finanziario privato, decidono tassi di interesse e distribuzione della moneta condizionando le politiche fiscali e alla fine determinando il (non) benessere economico. In assenza di una crescita che permetta di ripagare i debiti e gli interessi corriamo il rischio di una crisi finanziaria ed il punto di non ritorno. Come disse il banchiere Rothschild, «datemi il controllo sul denaro e non mi preoccuperò di chi è che scrive le leggi».

MA LA CRISI NON ERA FINITA?
Crolla a giugno da 45 a 29 l’indice ZEW che misura la fiducia delle imprese tedesche.

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