Non profit
Attenzione, i donatori non dicono mai la verità
Le autodichiarazioni sono sempre meno attendibili
di Redazione
Ne parlavo con Adrian Sargeant, un pioniere dell’analisi psicologica sul fundraising. In passato Adrian ha usato moltissimo la tecnica dell’autodichiarazione. E mi diceva: «Oggi non ha più nessun valore un’indagine sulle dichiarazioni di comportamento, occorre guardare che cosa la gente “fa”, non che cosa la gente dice che “farebbe” o dice che “ha fatto”». Semplicemente sono dichiarazioni false.
In realtà la gente non dice più quello che pensa, ma soltanto quello che conviene dire. Nel non profit soprattutto. Quante volte hai donato? Molte (chi dona poco è cattivo, chi dona molto è buono). Lo fai volentieri? Certo! (ci mancherebbe!) Cosa ti manca di più? La trasparenza! (salvo poi non leggere una riga di bilancio sociale… anche se viene mandato decine di volte e accusare ingiustamente le non profit di non rendicontare!). Cosa ti piace di più? La generosità (io non sono egoista, mentre in realtà se non ottengono visibilità non rinnovano). Vorresti ricevere tutte le richieste di donazioni on line? Certo! (è più ecologico, va di moda, salvo poi avere un calo della donazioni drammatico, quando si sposta il donatore solo sull’on line) E via dicendo. Insomma, lo sappiamo già quello che la gente dice di pensare sul non profit. Ma è quello che pensa davvero? È veramente quello che pensa o è quello che pensa che dovrebbe pensare?
La sfida per le prossime indagini è di andare a fare test sul campo. Di fronte a una newsletter di un certo tipo, fatta in un certo modo, ottengo meno o più donazioni? E se la faccio in un altro modo quale sarà il risultato? Insomma, il tempo delle ricerche con campioni un po’ imprecisi e di analisi basate sulle autodichiarazioni forse è finito per sempre. Adesso occorre fare un passo oltre, a patto che tutti (o almeno quasi tutti) siano disposti a condividere i dati utili.
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