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Azerbaigian: elezioni a novembre, rischio ribaltone

Il 6 novembre l'Azerbaigian vota per il rinnovo del Parlamento e cresce la protesta contro l'autoritarismo del presidente Aliev

di Redazione

Dopo le ”rivoluzioni colorate” di Georgia, Ucraina e Kirghizistan un’altra repubblica ex sovietica appare a imminente rischio di ribaltone: l’Azerbaigian, dove il 6 novembre si vota per il rinnovo del parlamento e sta crescendo vigorosa la protesta contro l’autoritario regime del presidente Ilham Aliev, figlio e successore dell’ultimo inossidabile satrapo comunista, da due anni al potere. Il principale leader dell’opposizione, Rassul Guliev, dal 1996 esule negli Stati Uniti, e’ deciso a rientrare nelle prossime settimane in patria (usufruendo dell’immunita’ che gli da’ lo status di candidato alle elezioni) e oggi dalle colonne del quotidiano moscovita ‘Nazavisimaia Gazieta’ ha avvertito che la situazione si sta facendo sempre piu’ grave: non si puo’ dare nemmeno per scontato il normale svolgimento delle legislative del mese prossimo. ”Una nuova ondata di repressioni – ha denunciato – puo’ rivelarsi la goccia d’acqua che fa traboccare il vaso e la situazione puo’ allora diventare incontrollabile… Il popolo puo’ essere spinto ad azioni estreme e in questo caso non posso rispondere della sorte di quanti sono attualmente al potere in Azerbaigian”. In effetti non passa domenica senza che le forze dell’ordine siano chiamate a disperdere con la forza manifestazioni non autorizzate dell’opposizione al centro di Baku’, la capitale, e sembra che il regime con a capo Aliev figlio abbia negli ultimi tempi addestrato al meglio le teste di cuoi su come si stronca una sommosse di massa. Palesemente chi da quelle parti comanda teme lo scenario che negli ultimi due anni ha portato alle defenestrazione degli opachi e logori regimi post-sovietici installati a Tbilisi, Kiev e Bishkek. Nelle ultime settimane il regime ha alzato ancor piu’ il tiro: ha incominciato a criminalizzare apertamente l’opposizione, accusandola di complottare assieme alla nemica Armenia e ad un’organizzazione americana (National Democratic Institute) al fine di rovesciare l’ordine costituito. E ha proceduto a numerosi arresti. Leader del Partito democratico d’Azerbaigian, che assieme ad altri due forma la coalizione Liberta’, ex speaker del parlamento, costretto all’esilio dopo essere entrato in conflitto con Aliev padre (Heidar), colpito in patria da un ordine di cattura per malversazione, Guliev si aspetta grandi cose dalle elezioni del 6 novembre: ”Sui 125 seggi in palio ne possiamo prendere un centinaio se non ci sono brogli”. Da’ pero’ per scontato che i brogli ci saranno – cosi’ come ci sarebbero state nel 2003 in occasione delle elezioni presidenziali – e mette in guardia: ”Non ci rassegneremo alle falsificazioni. Il popolo scendera’ in piazza per la difesa dei suoi diritti e a quel punto gli Stati Uniti appoggeranno i movimenti popolari di protesta”. Malgrado non lo apprezzi in modo particolare anche perche’ la corruzione sembra imperare all’interno del suo clan, l’Occidente ha finora puntellato il quarantatreenne Ilham Aliev perche’ l’Azerbaigian – otto milioni di abitanti in stragrande maggioranza musulmani, per quasi il 40% sotto la soglia della poverta’ – fa gola per l’oro nero pompato dal Caspio: con la benedizione degli americani e’ appena entrato in funzione un oleodotto che in concorrenza con la Russia porta greggio in Turchia passando per la Georgia.

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