Non profit

Aziende-ong: partnership vincente per abbattere le disparità energetiche. Dall’Italia buone pratiche e una ricca attività di studio

di Redazione

La strada che vede le aziende e gli organismi internazionali lavorare insieme per raggiungere l’accesso energetico universale è ancora lunga, eppure gli elementi per essere ottimisti non mancano. «Siamo soltanto agli inizi», afferma Carlo Carraro, rettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove è docente di Econometria e di Economia ambientale, oltre che presidente del comitato scientifico della Fondazione Eni Enrico Mattei, analizzando il ruolo giocato dai privati nell’accesso universale all’energia.
Quanto è già integrata la capacità di intervento comune tra privati e organismi internazionali sul fronte dell’accesso universale all’energia?
Fino ad ora le iniziative nel campo dell’accesso energetico sono state molto limitate. Sia quelle pubbliche, sia le private, sia quelle attivate in partnership. Ci si sta muovendo verso lo sviluppo di iniziative che non siano legate solo agli interessi privati di una singola azienda. È possibile che le aziende che operano in campo energetico decidano di effettuare degli interventi infrastrutturali per creare un mercato per i propri prodotti, ma non è di questo che stiamo parlando. L’obiettivo è andare oltre l’interesse della singola azienda che lavora per il proprio mercato ma anche per il bene collettivo di un’infrastruttura che poi serve a tutti, e qui siamo ancora ai primi passi.
Quali politiche d’intervento possono essere attuate da parte dei privati per facilitare l’accesso nei Paesi in via di sviluppo ?
Dipende dal tipo di fabbisogno di cui parliamo. Se parliamo d’energia per fabbisogno domestico legato all’alimentazione e quindi necessario per cucinare, il tipo di intervento che un privato può realizzare mira a sostituire i forni a legna e a biomassa con soluzioni d’avanguardia. Per esempio in Tanzania è stato sperimentato su ampia scala l’uso dei forni solari. Se parliamo invece di impiego energetico volto alla desalinizzazione e alla purificazione dell’acqua per ottenere acqua potabile, ci sono interventi che possono essere attuati grazie a delle campagne di sostegno sviluppate dalle aziende private che mettono a disposizione le infrastrutture. In questo caso l’investimento è piuttosto ridotto, si parla di circa mille euro a famiglia. Sulla questione della desalinizzazione proprio qui a Ca’ Foscari è nato un progetto importante: si tratta di una serra solare che ha ricevuto un riconoscimento dalle Nazioni Unite e ha suscitato l’interesse di diverse aziende internazionali. Il processo tramite il quale si ottiene l’acqua purificata richiede molta energia e la soluzione energetica che sfrutta l’energia solare è quella più economica nei Paesi in via di sviluppo e, di conseguenza, la più accessibile. Se parliamo di energia per il raffreddamento, il riscaldamento e l’illuminazione servono invece investimenti infrastrutturali più importanti ed è più difficile immaginare un ruolo esclusivo per l’impresa privata. In questo caso è importante che si crei una partnership con le aziende pubbliche governative che forniscono energia.
Qual è l’esperienza che porta l’Italia in questo campo, sia come sistema-Paese che come aziende con propri specifici interventi?
Abbiamo sviluppato molte tecnologie interessanti, soprattutto perché sono a basso costo e quindi risultano accessibili alle popolazioni nei Paesi in via di sviluppo. Non stiamo parlando di un fabbisogno necessario per utilizzare i computer o il telefono, stiamo parlando di più di un miliardo di persone che non hanno accesso all’energia di base che consente la soddisfazione di bisogni primari. Il governo italiano, attraverso il ministero dell’Ambiente, si è adoperato per realizzare accordi bilaterali di collaborazione tecnologica per aiutare i Paesi in via di sviluppo in varie regioni del mondo. Sono iniziative che contribuiscono ancora in piccola parte, ma nessuna iniziativa è in grado di risolvere i problemi in modo sostanziale. È solo la somma di tante piccole iniziative che può portare al raggiungimento di risultati soddisfacenti.
Quali sono gli interlocutori che possono supportare le aziende per i progetti d’accesso energetico?
Nell’ottica delle partnership private, le organizzazioni non governative giocano un ruolo importante. Sono attive sul territorio, aiutano la diffusione delle innovazioni che molto spesso per le popolazioni comportano un difficile impatto culturale. I forni solari, ad esempio, non sono sempre ben accettati dalle popolazioni locali nei Paesi africani. Le persone sono scettiche perché non capiscono come sia possibile generare il calore per cucinare senza che vi sia nulla che bruci. Ovviamente c’è un grande lavoro da fare sul campo e le ong possono sicuramente essere d’aiuto in questo senso.
Accesso all’energia per tutte le comunità del globo significa irrimediabilmente anche un aumento dei consumi di risorse e di inquinamento. Abbiamo sviluppato un know-how per accompagnare i Paesi allo sviluppo, senza eccessi?
Assolutamente sì. La variazione in termini d’impatto ambientale per portare 1,3 miliardi di persone al fabbisogno minimo di energia in grado di soddisfare i bisogni primari, è molto piccolo. Non stiamo portando questa enorme quantità di persone ai livelli dei nostri consumi energetici. L’obiettivo è quello di dare alle persone gli strumenti per soddisfare i bisogni basilari, che permettono di vivere decentemente seppure in condizioni che purtroppo sono ancora di povertà assoluta. Questo incremento del fabbisogno energetico è stato calcolato da diverse agenzie, in primis dall’Agenzia internazionale dell’energia e rimane una percentuale molto piccola del fabbisogno energetico, in realtà molto più piccola dell’incremento di energia che servirebbe per soddisfare il fabbisogno dei Paesi sviluppati, che comunque registreranno un incremento del fabbisogno energetico in futuro, dovuto all’aumento sia della popolazione che dei consumi. Si calcola che l’accesso universale all’energia di base abbia un’incidenza intorno all’1,5% sulle emissioni complessive. Inoltre bisogna ricordare che non necessariamente si deve ottenere il risultato utilizzando tecnologie a combustibili fossili, ma si possono usare tecnologie di fonte solare. Molto spesso il carbone e le biomasse che oggi vengono usati per soddisfare i bisogni energetici di base, hanno un impatto ambientale superiore e soprattutto provocano danni enormi alla salute delle persone.
Che cosa si aspetta da Rio 2012?
Credo che la conferenza avrà il ruolo di definire un frame work politico a cui aderiranno i Paesi che guideranno l’azione nei prossimi anni. Non credo che Rio 2012 avrà implicazioni operative rilevanti nell’immediato. Penso ci si debba aspettare degli obiettivi politici e da lì poi si partirà per mettere in atto delle misure concrete.

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