Mondo

Bella la bellezza dell’imperfezione

Recensione del film "Primavera, estate, autunno, inverno" di Kim Ki-duk (di Maurizio Regosa).

di Redazione

A questo film assai bello si accede attraverso una porta: all?avvicinarsi della macchina da presa, i battenti si dischiudono e la visione inizia. Di rado incipit più esplicitamente simbolico: ai lati del grande portone non ci sono muri, si potrebbe passare accanto a quella soglia, non varcandola e tuttavia raggiungendo il mondo da essa rivelato. E cioè un lago circondato da montagne e al centro del bacino un tempio-isola nel quale vivono un maestro buddista e il suo giovanissimo allievo.
Un cosmo compiuto, che contiene tutti gli elementi – acqua, terra, cielo? – e suggerisce scenograficamente il tema di Primavera, estate, autunno, inverno? e ancora primavera: fin dal titolo la storia si riferisce all?eterno ritorno, alla ciclicità dell?esistere, alla consapevolezza dell?infinito, alla posizione nel mondo che ne deriva, alle ritornanti stagioni.
È esplicito il regista coreano Kim Ki-duk, il suo è un racconto in cui la dimensione spirituale coincide con quella intellettuale: il microcosmo in cui la storia si svolge quasi per intero si rivela poco a poco, in parallelo con il percorso della conoscenza, e diviene il terzo, silenzioso ed efficacissimo protagonista del film.
Ma la strada del vero sapere è assai complessa: possono esserci molti modi per avvicinarsi alla realtà (passare dentro il portone o scivolargli accanto, come si è detto), ma uno solo è veramente adatto. Un?affermazione radicale, declinata dalla messa in scena: la composizione dell?inquadratura si articola e si realizza per il tramite dell?equilibrio, della simmetria, in sostanza di un?idea di bellezza armonica. Kim Ki-duk propone l?identità di sapere e bellezza: entrambi si nutrono e si mostrano grazie ad una prospettiva, entrambi si radicano nella consapevole percezione del mondo. Tanto più saldo è il sapere, tanto più evidente è la bellezza.
Comprendere, far propria questa unione significa capire che la prospettiva, in sé unica, può diventare molteplice per causa nostra, delle nostre contraddizioni, del nostro volere. È così che la vita si arricchisce dell?imperfezione: quando il ragazzo cresce e per amore decide di allontanarsi dal maestro, non comprende di frantumare un equilibrio. Si allontana salvo poi, invecchiato e assai provato dall?esistenza, tornare molte stagioni dopo e prendere il posto dell?eremita e accogliere un nuovo giovanissimo allievo. Si compie in questo modo il circolo, che rinsalda l?enigmatica catena dell?essere.

Maurizio Regosa

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