Arte

Berruti, quei bambini silenziosi che parlano all’anima

«I miei lavori non raccontano l’infanzia in sé, sarebbe come dire che Morandi era appassionato di bottiglie»: va dritto al punto l'artista piemontese che a Milano, a Palazzo Reale, ha appena inaugurato la personale "Valerio Berruti. More than kids". Ad accogliere i visitatori c'è universo silenzioso e poetico, fatto di sculture monumentali, installazioni immersive, video e una giostra su cui salire. In quel mondo ciascuno si specchia, perché Berruti attraverso i bambini parla dell’essere umano, con le sue fragilità, paure e speranze

di Rossana Certini

Un universo silenzioso e sospeso, popolato da figure infantili senza tempo accoglie il visitatore nelle sale di Palazzo Reale a Milano. È qui che, fino al 2 novembre, prende forma Valerio Berruti. More than kids, la più grande mostra personale mai dedicata a quello che oggi è tra gli artisti più intensi e riconoscibili del panorama contemporaneo. Con sculture monumentali, installazioni immersive, video e persino una giostra su cui salire, Berruti costruisce un viaggio visivo e poetico che, partendo dall’infanzia intesa come momento in cui tutto può ancora succedere, attraversa i grandi temi della nostra contemporaneitàguerre, fame, solitudine – generando spazi di riflessione che parlano a tutti

«Non mi interessa indagare l’infanzia. I miei lavori non raccontano l’infanzia in sé, sarebbe come dire che Morandi era appassionato di bottiglie», chiarisce Valerio Berruti. «A lui non interessavano le bottiglie come oggetto, ma le usava per dimostrare una poetica infinita. Ecco, i bambini hanno questo valore per me».

I bambini nelle sue opere non sono soggetti da rappresentare ma sono un dispositivo poetico, uno specchio dell’anima. «Li uso come figure per fargli raccontare le cose che ho da dire», spiega. Come ben dice il sottotitolo della mostra, More than kids, i suoi bambini non raccontano una storia soltanto personale, ma diventano simboli collettivi che mostrano l’infanzia come luogo di appartenenza dove tutti siamo stati ma, anche, di un futuro possibile e ancora da scrivere.

Valerio Berruti nel suo studio (foto crediti di Letizia Cigliutti)

Bambini come specchio dell’anima

I bambini di Berruti sono silenziosi, mai chiassosi. Spesso sono soli. Non giocano, non gridano. Anche quando sono in gruppo, restano comunque soli. È un silenzio denso, che pesa e invita più all’ascolto che all’osservazione. Sono figure sospese, che parlano direttamente all’anima di chi le guarda.

Spiega l’artista: «Scelgo i bambini perché rappresentano l’unico momento della vita in cui, bene o male, tutti possiamo riconoscerci. C’è un’empatia immediata tra lo spettatore e l’opera. Le persone leggono in quei volti ciò che sono: c’è chi li vede sereni e chi si commuove. I sentimenti che suscitano sono sempre autoriferiti». E aggiunge: «Lavoro ogni giorno sulla sospensione: la sospensione dello sguardo, del giudizio. Voglio che ognuno possa rivedere nei miei bambini l’ansia, la gioia o la serenità che porta dentro. C’è chi li trova pacifici, perché lo è lui stesso, e chi piange vedendoli angosciati. Dentro quei bambini, in fondo, si finisce per vedere se stessi».

Allestimento della mostra “Valerio Berruti. More than kids”. Foto @Arthemisia

Raffigurare bambini è una scelta consapevole, non nostalgica

Le opere di Berruti non sono solo da guardare ma, anche, da attraversare e da abitare. Percorrerle significa muoversi, partecipare attivamente. Alcune installazioni coinvolgono lo spettatore in modo diretto: un gruppo di bambini invita a entrare in una dimensione sospesa; una bambina galleggia nell’acqua, evocando la necessità di salvarsi; grandi uccelli trasportano in volo chi sceglie di salire su una monumentale opera ispirata alle antiche giostre a carosello, in un delicato equilibrio tra leggerezza apparente e forza naturale.

«Nei miei lavori cerco di eliminare tutto ciò che è contestuale: vestiti, etnia, dettagli», prosegue Berruti. «I miei bambini possono apparire asiatici, africani, europei, a seconda di dove viene allestita la mostra. In questo modo ogni visitatore può riconoscersi in quei volti». E aggiunge: «Non ho sempre disegnato bambini. Ci sono arrivato col tempo, rendendomi conto che le persone si riconoscevano in quei volti: è stata una scelta consapevole, non nostalgica. Non ho scelto i bambini perché la mia infanzia sia stata difficile, anzi. La mia infanzia è stata meravigliosa: pochi traumi, genitori che mi hanno amato, nessuna malattia, sono cresciuto in un posto bellissimo. Sono un privilegiato. E, a dire il vero, non so nemmeno quanto tutto questo abbia davvero a che fare con quello che faccio oggi».

Allestimento mostra “Valerio Berruti. More than kids”. Foto @Arthemisia

Un percorso artistico in continua evoluzione

Nato ad Alba nel 1977, Valerio Berruti partecipa nel 2009 alla 53a Biennale di Venezia, presentando un video composto da 600 disegni affrescati, accompagnato dalla musica di Paolo Conte. Nel 2011 il suo video Kizuna, esposto al Pola Museum di Tokyo con una colonna sonora originale di Ryuichi Sakamoto, si trasforma in un progetto benefico a sostegno della ricostruzione del Giappone dopo il devastante terremoto. L’anno successivo vince il premio internazionale Luci d’Artista di Torino e realizza un’opera permanente di land art alla Nirox Foundation di Johannesburg. Nel 2018 inizia a lavorare al cortometraggio animato La giostra di Nina, coprodotto da Sky Arte e accompagnato dalle musiche di Ludovico Einaudi.

Allestimento mostra “Valerio Berruti. More than kids”. (Foto @Arthemisia)

La grande giostra viene esposta per la prima volta nell’autunno dello stesso anno nella Chiesa di San Domenico di Alba, per poi approdare al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo – e alla Reggia di Venaria. Nel 2022 viene inaugurata Alba, una sua scultura monumentale in acciaio inox bronzato alta oltre 12 metri, donata dalla famiglia Ferrero alla città natale dell’artista e collocata nella centrale piazza Michele Ferrero, dedicata all’imprenditore albese. A maggio 2024 inaugura Circulating Sketch, una personale in Cina allestita nel prestigioso Teagan Space di Youyi Bay, nel distretto di Pechino.

Il progetto espositivo milanese, curato da Nicolas Ballario, è un viaggio immersivo nella poetica di Valerio Berruti, attraverso alcune delle opere più rappresentative della sua produzione – come la grande scultura-carosello La giostra di Nina, accompagnata da una colonna sonora originale di Ludovico Einaudi – e lavori completamente inediti, presentati per la prima volta a Milano. Tra questi spiccano Don’t let me be wrong, la monumentale scultura allestita nel cortile di Palazzo Reale con musica di Daddy G dei Massive Attack, e due nuove video-animazioni: Lilith, con colonna sonora di Rodrigo D’Erasmo e Cercare silenzio, accompagnata dal suono di Samuel Romano, storica voce dei Subsonica. Queste ultime si affiancano alle precedenti animazioni già musicate, tra gli altri, da Paolo Conte e Ryuichi Sakamoto.

Allestimento mostra “Valerio Berruti. More than kids”. Foto @Arthemisia

«Con questa ampia monografica, Berruti si trasforma in un regista che, stanza dopo stanza, tocca tutti i grandi temi della contemporaneità», conclude il curatore della mostra Nicolas Ballario. «Le sue opere non parlano dell’infanzia, ma usano quel periodo della vita dove tutto può ancora avvenire per chiederci se siamo ancora in tempo per cambiare le cose. Le sue figure non sono mai finite perché è il visitatore a decidere il destino e la provenienza dei suoi soggetti. Ci riconosciamo in loro? La monumentalità delle opere in mostra in qualche modo ci dice che non possiamo far finta di niente. Chi distoglie lo sguardo è complice».

La foto di apertura raffigura una delle opere in mostra a Palazzo Reale di Milano (allestimento mostra “Valerio Berruti. More than kids”. Foto @Arthemisia)

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