Welfare

Birmania, quale Dio sta con Buddha

Cattolici e hinduisti sono vicini ai monaci. Invece c’è freddezza con gli evangelici accusati di fare proselitismo e con i sunniti. di Mauro Mauri

di Redazione

Non solo monasteri e pagode dorate per chi professa la fede buddista ma anche chiese per i cristiani delle diverse tradizioni, templi hindu, luoghi di ritrovo per i seguaci dei vari culti cinesi, gurudwara per i Sick- Punjabi con barba e turbante, e – soprattutto – tante ma tante moschee. A Yangoon c?è persino una sinagoga ebraica, memoria di un passato coloniale in cui nell?ex Birmania gli inglesi avevano gettato le basi per quella che in Asia è stata la prima e più significativa realtà multiculturale.

L?odierna composizione etnica e cultural religiosa è infatti conseguenza del periodo in cui i governatori di sua Maestà la Regina portarono dal subcontinente indiano persone di loro fiducia. Arrivarono così indiani hindu e musulmani, i sick del Punjab, tamil hindu e cattolici, gurkha nepalesi.

I nuovi arrivati si affiancarono ai buddisti d?etnia bamar, maggioritaria su un territorio che, in ragion di ciò, venne impropriamente denominato Burma, nonché a minoranze quali Mon, Shan, Karen, Kachin, Rakhayn e Lisu, per citarne solo alcune. è ovvio che la convivenza sullo stesso suolo di gruppi sociali di costumi ed abitudini davvero diversi talvolta possa far scaturire attriti e contrasti.

Buddha e il Vaticano
In virtù delle medesime origini cultural religiose – il Buddismo ha le proprie radici nell?Hindusimo – non c?è alcun problema tra i seguaci delle due fedi, con molti hindu che si recano a pregare nelle pagode dorate.

Ottima anche la relazione tra chi fa riferimento al Vaticano e l?entità buddista, sia tra la gente comune che nell?ambito delle gerarchie ecclesiastiche. Nel timore che i seguaci delle due fedi si uniscano nella lotta al governo centrale, gli uomini del regime svariate volte hanno tentato di provocare scontri tra le due collettività attuando così il concetto di latina memoria del «dividi et impera».

Paradossalmente i rapporti tra i locali vertici del mondo cattolico sono meno buoni con i referenti delle varie Chiese protestanti che, solidamente finanziate dai teocon americani, troppo spesso sono impegnate in un arrembante opera di proselitismo sgradita a tutti e che sta creando seri fastidi anche alla comunità cattolica. Infatti non risulta semplice, anche per gli uomini del regime, fare i dovuti distinguo tra le diverse fedi di matrice cristiana.

Pessime a qualsiasi livello, un po? con tutti, le relazioni della comunità islamica sunnita: la causa di ciò, oltre alla tendenza al considerare un khafir – infedele – chi professa qualsiasi altra religione, in misura primaria è riconducibile alle problematiche conseguenti ai matrimoni misti, questione d?estrema importanza.

Musulmani a parte, in caso di unione tra persone professanti un credo diverso è consuetudine radicata che la sposa rimanga libera di professare la propria religione, mentre la prole acquisisce la fede del padre.Le organizzazioni islamiche invece impongono alle proprie figlie di congiungersi in matrimonio esclusivamente con un correligionario: nell?eventualità che lo sposo non sia musulmano, l?unico passaggio obbligatorio è la conversione all?Islam.

Una volta contratto matrimonio, nell?ambito della vita coniugale le mogli nate khafir spesso devono sottostare alle imposizione del marito: tutto ciò inesorabilmente porta a scontrarsi le famiglie d?origine dei coniugi.

Vishnu con Gesù
Comunità islamica a parte, quindi, sono rarissime le imposizioni calate dall?alto dovute a prescrizioni religiose. Sul muro sovrastante la reception di un albergo di Maymyo vi sono i ritratti di Vishnu, di Gesù Cristo e del Buddha. Semplice la ragione: il padrone è hinduista, il manager cattolico e i dipendenti buddisti.

Il regime dichiara che i seguaci di Allah corrispondano al 4% della popolazione totale: è un dato che non ha il minimo riscontro oggettivo con la realtà, deciso a tavolino per non far torto a nessuno. Infatti è identico alla percentuale assegnata alla popolazione cristiana.

Ciò è dovuto ad un parallelo interesse: i fedeli del Corano, che spesso non registrano all?anagrafe le femmine, per motivi strategici rivolti al futuro preferiscono far sottostimare la propria presenza; al regime invece preme mostrare alla popolazione – o forse solo a se stessi – il proprio concreto impegno nella tutela del buddhismo, mentre in realtà ciò a cui bramano è solo perpretare la gestione del potere al fine di continuare ad accaparrarsi i conseguenti vantaggi economici.

Per constatare la realtà della composizione multiculturale e religiosa del Myanmar basta un colpo d?occhio: le strade sono piene di uomini barbuti ed appartengono al popolo di Allah anche tutte le donne velate, ma sono musulmane anche molte persone dall?aspetto e dall?abbigliamento simile a quello del resto della popolazione.In sintesi, complice una fortissima prolificità, la tendenza alla poligamia praticata eludendo le leggi, il contrarre matrimonio in età giovanissima ed i matrimoni misti tutti a proprio vantaggio, la presenza musulmana è quantificabile attorno al 20% mentre quella cristiana dovrebbe equivalere al 4% indicato dalle statistiche, probabilmente corrette nel periodo dell?Impero britannico: dopodiché sotto i ponti è passata tanta acqua e tanti figli sono nati.

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